La fine della strada per la vicenda Electrolux?

Alla fine l’accordo è quasi raggiunto, i posti di lavoro salvati, tutti vivranno un po’ più sfruttati e molto meno contenti.

Questa è la sintesi dell’accordo che pare essere stato raggiunto tra organizzazioni sindacali e il management dell’Electrolux, anche se ancora deve essere affinato in versioni successive che sindacati e azienda stanno discutendo in queste ore. È l’azienda che, come si dice, porta a casa il risultato, sebbene gli operai riescano a mantenere il medesimo livello salariale. In effetti l’azienda pare essere riuscita a ottenere finanziamenti pubblici sotto la forma di decontribuzioni fiscali, il taglio di un po’ di pause, maggiore intensità del lavoro, allargamento del periodo in cui si godranno le ferie. E la ciliegia del taglio drastico delle ore di permessi sindacali che faranno felici i vari Poletti che ritengono ormai finito il tempo della mediazione. Per tutto questo bendidio l’azienda pone sul piatto 150 milioni di euro di investimenti, cioè quasi il medesimo ammontare che un’azienda di queste dimensione investe ogni anno negli stabilimenti, peraltro con un piano industriale che arriva solo fino al 2017. Il timore è che fra meno di tre anni le “investigazioni” ricomincino e l'attacco si riproponga più forte di oggi.

Proviamo ad analizzare sulla base delle informazioni che abbiamo raccolto questi vari elementi.

Un primo risultato a favore degli operai è senza dubbio il mantenimento del medesimo salario, un elemento che può essere riconosciuto come una vittoria per chi in questi sette mesi ha contrastato in tutti i modi il progetto dell’Electrolux.

La conservazione della busta paga però passa attraverso diverse concessioni all’azienda. Innanzitutto Electrolux potrà godere della decontribuzione fiscale garantita da governo (nello stesso decreto “Jobs Act”) e regioni che inciderà per 1,2 euro orari, si stimano 7mln di euro che finiranno nei bilanci Electrolux. Una mano assai generosa quella del Ministro dello sviluppo Federica Guidi, forse in virtù dei vecchi amici industriali. Il taglio delle pause pare invece essere stato limitato al solo stabilimento di Porcia dove da 10 minuti si passa a 5 minuti solo per la pausa aggiuntiva, perché, si sa, i lavoratori friulani hanno la pigrizia nel sangue.

La maggiore intensità di lavoro interesserà invece tutti gli stabilimenti con Susegana che produrrà circa 3 frigoriferi in più all’ora per linea, arrivando così a 83. Ma a Solaro e Forlì pare che i pezzi in aumento siano addirittura 10 all’ora: lavorando 6 ore, in regime di contratto di solidarietà, gli operai di Solaro e Forlì raggiungeranno così la medesima produzione giornaliera di quando lavoravano 8 ore. Inoltre nelle 8 ore erano previsti 40 minuti di pausa per la mensa che spariscono lavorando solo 6 ore. Non male come risparmio e come allenamento per alzare i livelli di produttività. L’incremento dell’intensità del lavoro è uno dei fattori che maggiormente preoccupa i delegati sindacali e gli operai, non solo perché la linea di assemblaggio già corre neanche fosse una Ferrari, ma perché la forza lavoro negli stabilimenti è piuttosto avanti con l’età e molti sono i lavoratori con difficoltà fisiche dovute sopratutto al lavoro stesso. Il rischio è che quanti non riescono a reggere il ritmo siano spinti a licenziarsi.

Le ferie dovranno essere godute a rotazione da giugno a settembre e non più solo a luglio e agosto. In questo modo l’azienda riesce a mantenere continuamente attive le linee produttive. D’altra parte, pare che l’accordo preveda anche un generale aumento dei volumi produttivi, ma vai tu a sapere che cosa accadrà domani nel mercato globale.

Il pezzo forte strombazzato a destra e a manca è il taglio delle ore di permesso sindacale vale a dire il venir meno dell’agibilità sindacale dentro e fuori gli stabilimenti. Attualmente nei quattro stabilimenti i circa 50 delegati sindacali hanno a disposizione un monte ore di circa 44.000 ore all’anno che sarà decurtato del 60%. Un taglio così violento fa pensare che sia una sorta di regolamento dei conti dopo le tensioni tra delegati e funzionari sindacali, anche se si parla di un 72% di taglio per le ore a disposizione o per la partecipazione a direttivi e nazionali e “solo” del 42% per le ore nella disponibilità diretta delle RSU. Le ore per le assemblee non saranno tagliate e questo è sicuramente positivo, ma la ridotta agibilità delle RSU, che avranno meno possibilità di muoversi nello stabilimento e di mantenere una discussione prima e dopo le assemblee, rischia di gerarchizzarle ancora di più favorendo la posizione di direttivi e segretari che, nelle assemblee, cercano spesso più la ratificazione delle proprie decisioni che la discussione.

D'altra parte una volta trasferita la trattativa a Roma, le redini le hanno prese i segretari nazionali e fra loro la stella cometa della sinistra italiana: Maurizio Landini, che ha lasciato per una giornata le delegate e i delegati FIOM chiusi nel ministero senza informazioni su come stava procedendo la trattativa e senza coinvolgerli in alcun modo. D'altronde avevano iniziato escludendo già alle trattative a Mestre la combattiva P. Morandin, delegata di Suseganaed evidentemente troppo legata agli interessi operai.

Adesso, come si dice, i tecnici sono al lavoro per stendere l’accordo e poi firmarlo possibilmente davanti al Presidente del consiglio. Un trofeo anche questo da mostrare nella campagna elettorale per le elezioni europee.

Un governo del fare e un sindacato responsabile. Gli altri, gli operai, in fabbrica a muoversi un po’ più velocemente di prima. Finché dura.

Ma non è detto che tutto vada esattamente in questo senso, la “dogana operaia”, i lunghi picchetti, le assemblee e gli scioperi di questi mesi non sono stati per nulla.

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