Marchionne e la fine dell’anomalia italiana: grazie Renzi, grazie Jobs Act

L’aveva detto fin da principio, alcuni mesi fa: “il Jobs Act a me non serve, non mi ha influenzato nelle politiche aziendali, ma va sostenuto”.

È vero infatti giusto il contrario se c’è qualcuno che ha saputo anticipare il Jobs Act, ispirare e aprire la strada alle politiche di sfruttamento incrementate dai provvedimenti varati dal Governo Renzi è stato proprio lui, Sergio Marchionne. Con il “Piano Marchionne” il suo creatore era riuscito a scavalcare anche le più ardite ambizioni dei suoi colleghi confindustriali. Mai come negli ultimi anni infatti la FIAT è stata all’avanguardia nello sfruttamento, nella compressione dei diritti e nella repressione feroce contro chiunque osasse ribellarsi a condizioni di lavoro disumane, alla negazione di qualsiasi forma di democrazia in fabbrica, all’impedimento di ogni attività sindacale. La lezione di Marchionne e il suo “piano” hanno fatto da apripista alle ultime riforme e trasformazioni in merito a tempi e ritmi della produzione, rappresentanza sindacale. Renzi è stato un “buon allievo” e col suo Jobs Act vuole completare il quadro spingendo l’acceleratore su flessibilità in entrata, ammortizzatori sociali, libertà di licenziamento, articolo 18. Oggi l’amministratore delegato FIAT può dunque rivendicare con orgoglio questa sua capacità di precorrere i tempi e dichiarare: “Con il Jobs Act l’Italia non è più un’anomalia”.

L’occasione del commento è data dalla dichiarazione di ieri del Top Manager circa il rientro immediato dei 5.418 dipendenti nello stabilimento di Melfi con la fine della cassa integrazione e l’assunzione di 1.000 nuovi lavoratori che saranno assunti per produrre due nuovi modelli (a questi dovrebbero aggiungersene altri 400 trasferiti da altri impianti, tra cui Pomigliano): Jeep Renegade e Fiat 500X. In realtà  i lavoratori saranno assunti tutti “inizialmente” come interinali in quanto i decreti non sono ancora entrati in vigore, ma soprattutto perché in questo modo sarà possibile verificare il gradimento del mercato per i nuovi modelli ed eventualmente “sfoltire” il numero dei neo-assunti a seconda delle vendite e dunque delle necessità produttive. Insomma per i 1000 neo-assunti FIAT si tratta di superare un periodo di prova, poi “alle persone inizialmente inserite con contratto interinale potrà essere proposto il nuovo contratto a tutele crescenti, attualmente in via di definitiva approvazione”.

Faciltà di licenziamento=faciltà di assunzione, questa l’equazione sulla quale si basa la filosofia di Marchionne e Renzi: solo consentendo al padrone di liberarsi agevolmente degli eccessi nei periodi di contrazione del mercato senza ricadute – né costi aggiuntivi – si incentivano nuove assunzioni. Come sottolinea Marchionne “il fatto che ci sia un sistema di regole che aiuta a gestire anche una potenziale contrazione del mercato aiuta moltissimo”, ciò che evidentemente sia lui che il Premier fingono di ignorare è la ricaduta che questo ha sui lavoratori e sulle loro vite. Così l’”anomalia italiana” che con il Jobs Act sarebbe rientrata non riguarda altro che il portato di anni di lotte che hanno caratterizzato il nostro paese in termini di diritti dei lavoratori e democrazia sui posti di lavoro. Finalmente, questo il loro sogno, l’Italia può tornare ad una condizione precedente a quella raggiunta grazie a queste lotte: ognuno deve “vendersi” da solo sul mercato senza garanzie legali né diritti ad organizzarsi sul piano sindacale. Ma la strada è ancora lunga e possiamo ancora fare in modo che il loro sogno si trasformi in un incubo.

Rete Camere Popolari del Lavoro