Le ragioni dei postini. Sugli scioperi dei lavoratori delle Poste

Sul sito delle Poste italiane fa bella mostra la foto che vi proponiamo qui di fianco, descritta con la didascalia «Postino italiano con la caratteristica divisa». Ci viene dunque spontaneo esclamare: allora il portalettere conta ancora qualcosa! Negli uffici postali troviamo ormai quasi qualsiasi prodotto in vendita («una selezione davvero ampia di prodotti di tecnologia, telefonia, informatica oltre a tutto ciò che occorre per la casa, la cucina e il benessere […], proposte speciali per la stagione primaverile con arredo da esterno, attrezzi per il barbecue, biciclette e, grazie alla partnership con Piaggio, bellissimi scooter») ma la figura del postino rimane centrale, colpisce ancora l’immaginazione collettiva. Ma quali sono le condizioni in cui lavora nell’epoca della crisi, nell’epoca dei sacrifici per tutti i lavoratori in nome della ripresa. Per capirlo facciamo un passo indietro.

Alcuni dati storici
Poste italiane, da quando è diventata una S.p.a. (1998), ha come suo unico obiettivo societario – è bene ricordarlo sempre – quello di fare profitto. E lo si è visto subito. Corrado Passera (nominato infinite volte nei nostri articoli), primo amministratore delegato in carica fino al 2002, ha inaugurato una tendenza poi seguita e consolidata dal suo successore, in carica fino al 2011. Ha tagliato ben 22.000 posti di lavoro1 e ha permesso di liberare altri posti istituendo, con la complicità dei sindacati confederali firmatari, il Fondo di Solidarietà (2001)2. Un meccanismo perverso che ha consentito all’azienda di prepensionare lavoratori senza spesa alcuna per le proprie casse. Una vera e propria cassa integrazione interna, direttamente gestita dall’azienda e fatta pesare sulle casse dell’INPS e, soprattutto, su quelle dei neoassunti (i cui mille contratti atipici prevedono tipicamente un prelievo di solidarietà)3. Il sistema è talmente redditizio che, con grande soddisfazione dei sindacati confederali, è stato rinnovato ancora nel giugno di quest’anno in quanto ritenuto uno strumento molto efficace4.

Dunque, anche se controllata al 100% dal Ministero dell’Economia (ma anche le ultime vicende di Fincantieri ci dicono cosa ciò significhi realmente)5, la società persegue il suo obiettivo di profitto a passo spedito e senza riguardo per i lavoratori. Vediamo qualche numero in sintesi. Gli utili netti di Poste italiane sono aumentati costantemente, fino a raggiungere più di 1 miliardo nel 20126. A fronte di ciò, sul lato del lavoro, sono costantemente diminuiti il numero di lavoratori, la qualità lavorativa e i salari. Nel 1998, i dipendenti erano 186.600 mentre nel 2012 sono arrivati, facendo la media annuale – cioè comprendendo gli stagionali e quelli che sono assunti con i vari contratti atipici –, a 144.000. Dal 1998 al 2006 il costo del lavoro – il salario e quanto vi è correlato – è aumentato dello 0,6%, mentre il valore della produzione per dipendente – cioè, l’intensificazione dello sfruttamento sul luogo di lavoro e il relativo guadagno dell’azienda – è passato da 32.200€ a 61.900€ pro capite, con un incremento del 92,2%7. Insomma, l’azienda sfrutta sempre più i lavoratori che rimangono e questi subiscono, sotto il ricatto dei tanti disoccupati, un peggioramento della propria qualità di lavoro, e quindi di vita.

I lavoratori non ci stanno!
Di fronte a questi numeri c’è poco da essere felici, almeno dalla parte dei lavoratori. In opposizione ai sindacati confederali, sono ormai anni che si organizzano e lottano, col supporto del S.I. Cobas, per i loro diritti e la loro dignità. Ultimamente hanno aumentato i loro scioperi per far capire all’azienda che non accetteranno passivamente la ristrutturazione annunciata: l’aumento di produttività, i tagli di zone, l’aumento dei carichi di lavoro, le “finte” esternalizzazioni, l’ampliamento dello strumento dell’assunzione stagionale, i nuovi tagli previsti dalla ristrutturazione, quasi 6000 nuovi esuberi su tutto il territorio nazionale8. Tutto ciò approfittando anche del fatto che il nuovo CCNL non è stato ancora firmato e che la bozza finora presentata ai sindacati confederali sia tutt’altro che a favore dei lavoratori: si propone l’introduzione dell’«istituto del conto ore individuale» e vengono più genericamente predisposte «nuove forme di flessibilità»9.

Contro queste politiche aziendali è in particolare il S.I. Cobas Poste a combattere da anni10. Continua a indire scioperi mirati anzitutto contro quelle «prestazioni straordinarie e aggiuntive»11 che l’azienda butta sulle spalle dei lavoratori senza voler però assumere stabilmente e formare nuovo personale, poi anche contro quei poli di sfruttamento che sono gli Hub logistici12, in questo caso quelli dell’SDA (azienda del gruppo Poste).

Che questi scioperi non siano diretti, come a volte si sente, a difendere privilegi lavorativi ma piuttosto i diritti conquistati da tutta la classe lavoratrice in decenni di dure lotte e ora fortemente sotto attacco appare chiaro se solo si pensa che negli ultimi anni, con l’attuale indirizzo aziendale, sono morti più di 15 portalettere. Ultimo in ordine di tempo, proprio un neoassunto con contratto a termine, che il 20 di marzo è stato ucciso nel compimento del suo lavoro, travolto da un’auto13. La loro lotta è dunque quella che sul proprio posto di lavoro guarda a tutti i lavoratori, nella consapevolezza che ogni spazio eroso ai diritti porta danno per tutti. È per questo che noi continueremo a seguire e a partecipare alle iniziative, dando spazio e voce ai protagonisti della lotta.

---
note
1 pisanotizie.it
2 uilpost.net
3 posteitaliane.info
4 uilpostsalerno.net
5 Fincantieri, la giornata lavorativa e le forme di organizzazione. Il racconto operaio di una lotta che continua (clashcityworkers.org)
6 salastampa.poste.it; poste.it
7 brunoleonimedia.servingfreedom.net
8 poste.sicobas.org
9 www.uilpost-trentino.it
10 poste.sicobas.org
11 poste.sicobas.org
12 Dalla lotta di classe nella logistica alla generalizzazione del conflitto (clashcityworkers.org)
13 poste.sicobas.org

Rete Camere Popolari del Lavoro