[Verona] Tre vertenze, una sola lotta (e quanto sapere operaio...)

In occasione del Primo Maggio, abbiamo intervistato i lavoratori in lotta di tre aziende veronesi “in crisi” – le Officine Ferroviarie Veronesi, la Over Meccanica e la Symbol, conosciuta in zona come Abital – che, in questa data fortemente simbolica, si sono uniti nel presidio permanente a cui i lavoratori delle Officine Ferroviarie Veronesi hanno dato vita, nel cortile della fabbrica, nel settembre 2013.

Nei video qui sotto c’è una piccola parte di tutte le cose che ci hanno raccontato. Prima di vederli vi consigliamo però di leggere queste righe, che fanno capire meglio la situazione di questi lavoratori e perché queste brevi interviste siano così interessanti.


La lotta degli operai delle OFV, azienda specializzata in progettazione e costruzione di materiale rotabile, nasce in risposta alla minaccia di chiusura dell’azienda che – nonostante la sicurezza di almeno un anno e mezzo di commesse, gli oltre cinque milioni di crediti accumulati negli ultimi tre anni e l’alta produttività – è in stato di insolvenza dall’aprile del 2013, in seguito alla gestione sciagurata e speculativa della famiglia proprietaria (i Biasi), che ha puntato sui profitti finanziari, ignorando le sorti di oltre duecento famiglie di lavoratori assunti e di quelle di oltre sessanta lavoratori a somministrazione. A maggio finirà la Cassa Integrazione (a zero ore) e i lavoratori sono in attesa di una cordata acquirente che possa evitare il fallimento. Ma, soprattutto, sono in lotta affinchè non siano loro a dover pagare le conseguenze di una gestione finalizzata esclusivamente ai profitti del taglio delle cedole e affinchè, con la nuova gestione, siano tutti reintegrati sul posto di lavoro e nessuno venga lasciato a casa.

Una sorte analoga la stanno subendo i duecento lavoratori in contratto di solidarietà della Over Meccanica – storica azienda veronese che produce impianti per il settore cartario e che rischia il fallimento nonostante commesse da decine di milioni di euro – i quali, similmente ai loro compagni delle OFV, hanno dato vita ad un presidio innanzi ai cancelli della fabbrica e che da lunedì 6 Maggio hanno cominciato un’occupazione dello stabilimento impedendo il flusso delle merci in entrata e in uscita.

Le duecento lavoratrici della Symbol-Abital, invece, rischiano di perdere il posto di lavoro poichè all’azienda – del Gruppo Corneliani di Mantova –, che da tempo lavora in monocommittenza con Polo Ralph Lauren, è scaduto il contratto stipulato da quindici anni con questo marchio e non riesce a rinnovarlo poichè il costo della forza-lavoro sarebbe eccessivamente alto rispetto alle richieste del committente. In qualsiasi caso, il Gruppo Corneliani ha già anticipato che, anche in caso di accordo positivo con Polo Ralph Lauren, è deciso di trasferire la produzione in Slovacchia per abbattere il costo del lavoro e poter operare in un contesto in cui anche quella minima conflittualità sindacale sarebbe assente. Queste lavoratrici si trovano dunque opposte a un intero assetto del capitalismo internazionale, fatto di filiere produttive in cui la multinazionale committente chiede prezzi di produzione sempre più bassi, e le aziende sono disposte ad assecondarla schiacciando sempre di più il lavoro e usando come leva le differenze salariali fra i vari paesi.

Come si vede, dietro l’apparente differenza delle tre vertenze c’è una profonda unità: quella delle condizioni materiali di questi lavoratori, che stanno pagando con CIG e minacce di licenziamenti le logiche di profitto del capitale, e dunque quella della lotta, della necessità di agire insieme per non soccomobere di fronte alla minoranza che ci sfrutta e ci butta via quando non gli serviamo più.

Così, queste interviste sono interessanti per tanti motivi. Innanzitutto perché rappresentano un salutare bagno di realtà, una visione del paese reale, molto diverso da quella propaganda della “nuova” epoca Renzi. Per noi proletari infatti la crisi continua e continuerà, anche se i capitalisti italiani ricominciano (e in alcuni casi non hanno mai smesso) a fare profitti. Il passaggio che un operaio delle OFV fa sull’“elemosina degli 80 euro” è in questo senso assolutamente emblematico: una cosa sono le dichiarazioni del Governo, una cosa quello che davvero ci arriverà nelle tasche.

In secondo luogo, è interessante diffondere queste interviste perché - come ci hanno detto gli stessi lavoratori - troppo spesso loro sentono di non avere voce, di essere degli invisibili, nel migliore dei casi ridotti a casi pietosi per pompare l’audience di qualche trasmissione televisiva o a passerella elettorale del politico di turno. In questi video invece vediamo persone reali, che certo non negano le loro difficoltà, ma ne parlano con la dignità e la forza che è propria a persone che lottano, che si organizzano, che usano i sindacati ma che sanno anche che non ci si può solo affidare ai sindacati, ma bisogna mobilitarsi ognuno in prima persona.

E in ultimo, queste interviste sono così interessanti perché mostrano, anche se molti di questi lavoratori sono quantomeno diffidenti verso la politica intesa come teatrino istituzionale-partitico, un certo sapere operaio, un conoscere dal basso come va il mondo, e dunque una presa di posizione di parte, politica in senso profondo.

Avremmo tante altre cose da aggiungere, ma ci fermiamo qui per non sovraccaricare le parole dei lavoratori con le nostre riflessioni. Ognuno poi guarda e sceglie da che parte stare. Noi speriamo solo che questi video siano un contributo alla loro lotta, che diano visibilità e fiducia ai lavoratori e ai milioni di lavoratori italiani in condizioni analoghe, che portino i cittadini veronesi a sostenere il presidio.

Chiudiamo con le bellissime parole di uno degli operai intervistati: “La democrazia dal basso significa che ciascuno deve essere un missionario della propria posizione. Non tanto per recuperare termini religiosi, ma proprio per dire che la missione nostra come lavoratori è di far valere i nostri diritti, i nostri propri e delle nostre famiglie, di poter vivere una vita decente... Viva la lotta!”.

Rete Camere Popolari del Lavoro