[Pomigliano] Per ricordare Maria, continuare la lotta!

Non ce la facciamo più. Dopo Giuseppe De Crescenzo, operaio di Pomigliano che si tolse la vita il 5 febbraio di quest’anno, arriva un’altra brutta notizia: si è suicidata Maria Baratto, operaia del reparto logistico Fiat a Nola. Da sei anni in cassa integrazione, con l’ammortizzatore sociale che sarebbe scaduto il prossimo 13 luglio. Non possiamo che ripetere, per quest’ennesima tragedia, le stesse parole che scrivemmo per Pino:

“Noi non sappiamo quale disperazione ti porta a toglierti la vita, se davvero si possono trovare delle “cause” per un tale gesto, ma sappiamo di sicuro che se metti una persona a fare una vita difficile, dura, se gli togli il lavoro, e la lasci per sei anni in cassa integrazione, se non gli dai speranza e prospettive, ogni momento di dolore si fa più difficile, ogni difficoltà, anche personale, si fa enorme [...] Per questo pensiamo che i responsabili di questa morte siano da ricercare nella dirigenza della FIAT, in Elkann, in Marchionne, nei sindacati complici, che hanno consapevolmente ingannato e tradito i lavoratori, che ne hanno peggiorato le condizioni con l’Accordo di Pomigliano del 2010. Un Accordo-truffa, che scambiava i diritti con il mantenimento dei livelli occupazionali, e che alla fine ha distrutto questi e quelli. Mentre si è sempre più sfruttati, si è sempre, anche più, disoccupati”.

Come Pino anche Maria era una compagna, faceva parte del Comitato Mogli degli Operai di Pomigliano. Come ricorda oggi un comunicato dello SLAI COBAS, Maria aveva denunciato ad alta voce i responsabili dei sucidi in FIAT. Il suo scritto, che riportiamo di seguito, è un lucido testamento politico e sindacale: “la nitida rappresentazione dell’attuale condizione e solitudine operaia fotografata dall’interno”, una “forte accusa” alla Fiat ed alle complicità istituzionali, politiche e sindacali che stanno contribuendo al fenomeno dei suicidi operai.
Il 2 agosto del 2012 Maria scriveva:

“NON SI PUO’ CONTINUARE A VIVERE PER ANNI SUL CIGLIO DEL BURRONE DEI LICENZIAMENTI, L’INTERO QUADRO POLITICO-ISTITUZIONALE CHE, DA SINISTRA A DESTRA, HA COPERTO LE INSANE POLITICHE DELLA FIAT E’ RESPONSABILE DI QUESTI MORTI INSIEME ALLE CENTRALI CONFEDERALI”.

Dopo aver lucrato negli anni scorsi finanziamenti pubblici multimiliardari lo speculatore Marchionne chiude e ridimensiona le fabbriche italiane e delocalizza la produzione all’estero per fare profitti letteralmente sulla pelle dei lavoratori che sono costretti ormai da anni alla miseria di una cassa integrazione senza fine ed a un futuro di disoccupazione. A Pomigliano l’unica certezza dei cinquemila lavoratori consiste nella lettera di altri due anni di cassa integrazione speciale per cessazione di attività di Fiat Group Automobiles nella consapevolezza che buona parte di loro non saranno assunti da Fabbrica Italia.
Il tentato suicidio di oggi di Carmine P., cui auguriamo di tutto cuore di farcela, il suicidio di Agostino Bova dei giorni scorsi, che dopo aver avuto la lettera di licenziamento dalla Fiat per futili motivi è impazzito dalla disperazione ammazzando la moglie e tentando di ammazzare la figlia prima di togliersi la vita, sono solo la punta dell’iceberg della barbarie industriale e sociale in cui la Fiat sta precipitando i lavoratori.

Anche per questo la lotta dei lavoratori Fiat contro il piano Marchionne ed a tutela dei diritti e dell’occupazione rappresenta un forte presidio di tenuta democratica per l’intera società”.

Mercoledì c'è un presidio alla Regione Campania, a Napoli (ore 10.30 a Santa Lucia), convocato da SLAI COBAS e dalla FIOM proprio sulla questione della cassa integrazione per i lavoratori del polo logistico di Nola. Diventa ancor più importante andarci, per questo lanciamo un appello alla partecipazione a tutte le realtà sociali, politiche, studentesche. Noi ci saremo, per ricordare Pino, Maria, per ricordare a tutti la tragedia che si sta consumando sulla vita degli operai. E per dire che bisogna continuare a lottare, nonostante le difficoltà, perché questi padroni assassini non gliela dobbiamo dare vinta!

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di seguito il volatino che abbiamo scritto a Napoli assieme al Collettivo Autorganizzato Universitario, il SAC (coordinamento degli studenti medi), il Laboratorio Politico Kamo, lo Spazio Me-Ti

"Non si può vivere sul ciglio del burrone dei licenziamenti” scriveva, nel 2012, Maria Baratto, che si è tolta la vita nel suo appartamento ad Acerra, dove viveva da sola, col solo sussidio della cassa integrazione che sarebbe scaduta il prossimo 13 Luglio.

Maria, come Giuseppe De Crescenzo, suicidatosi solo pochi mesi fa, faceva parte di quei 5000 cassa integrati Fiat, relegata anche lei dal 2008 al reparto Wcl di Nola, che serviva, sulla carta, per creare il polo della logistica per gli stabilimenti del centro sud, ma dimostratosi, nella realtà, un vero e proprio reparto “confino” dove relegare i lavoratori dissidenti che osavano reclamare i loro diritti e che, in ogni caso, lì non hanno mai potuto cominciare a lavorare.

“L’intero quadro politico istituzionale” – scriveva giustamente ancora Maria due anni fa parlando di un suo collega che aveva tentato il suicidio pochi giorni prima– “è corresponsabile di queste morti insieme alle centrali confederali” e le prove di queste responsabilità sono lampanti guardando, per esempio, all’Accordo truffa di Pomigliano del 2010 che aumentò gli straordinari, ridusse le pause, aumentò l’intensità dei turni, limitò sostanzialmente la possibilità di sciopero e di rappresentanza sindacale ricattando i lavoratori con la minaccia della delocalizzazione, consentendo quindi, a Marchionne, di “fare profitti letteralmente sulla pelle dei lavoratori che sono costretti ormai da anni alla miseria di una cassa integrazione senza fine e ad un futuro di disoccupazione”.

Non è un caso, del resto, che oggi Marchionne sia un grande sostenitore del governo Renzi, che se da un lato cerca di accaparrarsi consensi con la distribuzione degli ormai famosi 80 euro in busta paga derivati dal taglio al cuneo fiscale, dall’altro porta avanti una ben più larga operazione di attacco al mondo del lavoro attraverso il Jobs Act che, per il momento va a precarizzare radicalmente i contratti a termine e l’apprendistato eliminando ogni speranza di stabilità, ma in prospettiva non si lascia sfuggire anche una riforma degli ammortizzatori sociali, abolendo la cassa integrazione in deroga per sostituirla con un nuovo sussidio di disoccupazione che durerà però massimo 2 anni (6 mesi per chi ha un contratto atipico) e cancellerà la possibilità di reintegro nel posto di lavoro.

Con 478.000 posti di lavoro persi solo nel 2013, il piano di riforma del governo Renzi è un attacco generalizzato alle nostre vite, alle minime speranze di costruirsi e pensare un presente e un futuro dignitosi, è una condanna allo sfruttamento in nome del profitto, mentre i manager come Marchionne continuano ad avere stipendi di milioni di euro l’anno, mentre i 10 uomini più ricchi d’Italia contano di un patrimonio di 75 miliardi di euro che equivalgono a quello di quasi 500mila famiglie operaie. Maria a queste elezioni non è andata a votare, non ha riposto le sue speranze nel salvatore Renzi e tantomeno possiamo farlo noi, perché chi ci vende speranze troppo spesso ci inganna, ci rinchiude nell’attesa e nella solitudine che già circonda e invade i nostri quartieri, le nostre case, i nostri posti di lavoro e contro questa estrema frammentazione dobbiamo ribellarci, ritrovare nell’azione, nella partecipazione, nella solidarietà, nella lotta contro chi ci sfrutta e ci governa, la nostra energia, la nostra forza che è tale perché collettiva, per non acconsentire allo smantellamento dei numerosi presidi di tenuta democratica per l’intera società. per non dimenticare i morti che questo stato di cose produce, per non rinunciare a un orizzonte diverso di umanità e solidarietà.

Rete Camere Popolari del Lavoro