Storie di un impiegato di banca. Alle prese con i padroni…

Veloce premessa. Io lavoro in banca. E quando si lavora in una banca spesso (ma non volentieri!) si è costretti a stare a contatto con i padroni.

Sono i clienti più “importanti”, ma anche i clienti che, per essere assistiti al meglio, sono obbligati a raccontarti tutto della loro attività e della loro vita privata. Seduti alla scrivania si sentono come al confessionale e senza pudore ti raccontano come si sono arricchiti in maniera lecita e illecita, sfruttando i propri dipendenti, evadendo il fisco e corrompendo ma soprattutto ti dicono come la pensano senza peli sulla lingua. Si mostrano per quel che sono, ovvero persone avide e paranoiche, attaccati al denaro in maniera patologica.
Pensate che stia esagerando? Ora vi racconterò due episodi capitati la scorsa settimana che penso possano rendere bene l’idea. Poi mi dite se non ho ragione…
 

Episodio uno. Il controllo a distanza del lavoro

I protagonisti sono due clienti, marito e moglie, entrambi commercianti, proprietari di diversi punti vendita in giro per l’Italia, con un patrimonio di qualche milione di euro. Sono da me per una pratica abbastanza complessa che richiede un po’ di tempo. Si tratta di una situazione antipatica in quanto facilmente possono spazientirsi e protestare, e quindi cerchi un qualsiasi modo per distrarli. A un certo punto mi accorgo che agitano disperatamente i loro smartphone di ultima generazione nel tentativo di trovare una connessione che però non c’è. In quel punto in filiale non prende nessun telefonino ma c’è la wifi della signora che abita al piano di sopra che non ha bisogno di password. Colgo quindi l’occasione al volo e gli suggerisco di collegarsi alla rete della ignara vicina in modo che possano perdere un po’ di tempo su internet e lasciarmi il tempo di finire senza rompere le scatole.
Come bambini con il ciucciotto, una volta connessi a internet si quietano e io posso lavorare tranquillo. Mentre lavoro però sott’occhio noto che hanno poggiato il telefono sulla scrivania e guardano in silenzio attentamente lo schermo. Incuriosito butto l’occhio e rimango a dir poco sbigottito. Lo schermo del telefonino è diviso in quattro parti e su ogni riquadro scorrono le immagini di una telecamera di video sorveglianza. A questo punto smetto di lavorare e senza troppe remore comincio a fissare anche io lo schermo dello smartphone.
Si tratta delle telecamere poste all’interno di uno dei loro punti vendita e si possono chiaramente vedere i commessi lavorare e servire i clienti. Sono incredulo e come uno stupido chiedo ai clienti conferma di ciò che sto vedendo con mie stessi occhi. Loro sorridono compiaciuti e mi rispondono orgogliosamente che “Sì, quelle sono proprio le immagini in diretta della video sorveglianza”. A quel punto tento di trovare una giustificazione a quella scena folle da Grande Fratello – pensateci: padroni che sorvegliano i negozi a chilometri di distanza, talmente paranoici da farlo anche mentre stanno in banca a fare qualcosa di importante! – e ingenuamente chiedo se hanno avuto problemi di rapine o di pizzo e perciò stanno lì a guardare con tanta attenzione. “Ma no” mi rispondono candidamente “guardiamo perché questo è l’unico negozio dove non è presente uno di famiglia”.
Mi sale la rabbia e faccio fatica a trattenerla… Ma tu guarda questi! Controllano i loro dipendenti a distanza e questi poveretti devono sgobbare magari a nero, sapendo di poter essere costantemente osservati e quindi cazziati in tempo reale se si prendono una pausa o sono lenti nelle loro mansioni. Ai clienti chiedo se è legale una cosa del genere. E loro, con aria furba, mi dicono che prima di installare le telecamere si sono informati e hanno fatto firmare ai dipendenti una liberatoria preparata da un consulente che li mette a riparo da qualsiasi contestazione! Inutile dirvi che a quel punto ho cercato di terminare la pratica il prima possibile in modo da togliermeli dalla vista...
Ho pensato a quest’episodio per tutto il giorno e alla fine ho fatto due riflessioni, una di carattere più politico e un’altra di carattere potremmo dire antropologico:
 
1. La questione del telecontrollo, presente tra l’altro nella riforma del lavoro di Renzi, il Jobs Act, è centrale perché grazie al progresso tecnologico i padroni, anche quelli “piccoli”, hanno nelle mani degli strumenti potentissimi per opprimerci e aumentare i livelli di sfruttamento. Non dobbiamo assolutamente sottovalutare quest’aspetto e mobilitarci in ogni modo per contrastare queste pratiche
2. Tutti, quando abbiamo un momento libero o facciamo una pausa, prendiamo in mano lo smartphone per passare il tempo. Ma noi che siamo gente tranquilla guardiamo le foto, andiamo su Facebook, mandiamo un messaggio, leggiamo una notizia… I padroni invece sono capaci di fare la cosa più noiosa e alienante al mondo, ovvero guardare le immagini delle telecamere a circuito chiuso. I padroni hanno i soldi potrebbero fare la bella vita, coltivare le proprie passioni, e invece a forza di sfruttarci si sono completamente “disumanizzati”, hanno perso qualsiasi interesse e l’unica loro preoccupazione è quella di arricchirsi.    


Episodio due. L’ISEE del 2015

In questi giorni in banca siamo “assaliti” dai clienti che vengono a chiederci la giacenza media dei propri conti correnti per poterla comunicare ai CAF per la compilazione del nuovo Modello ISEE. Come probabilmente molti di voi sanno, quest’anno sono stati radicalmente cambiati i criteri per il calcolo dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, che serve ad accedere gratuitamente a diversi tipi  di prestazioni e servizi sociali, oltre che a usufruire di tutta una serie di agevolazioni (parliamo di assegni di maternità, canone alloggi popolari, ticket sanitari, mense scolastiche, asili nido, libri scolastici, borse di studio, tasse universitarie, social card, riduzione tariffe utenze etc…).
Con il nuovo ISEE i criteri di determinazione sono diventati molto più stringenti: sono state limitate le auto-certificazioni della propria situazione reddituale/patrimoniale e ora tutti i dati saranno oggetto di controlli incrociati. Il governo Renzi ha sponsorizzato questo provvedimento come un atto di giustizia sociale, evidenziando come fino ad oggi gli evasori e i furbi hanno avuto vita facile, tanto che in Italia l’80% delle famiglie dichiarava di non avere un conto corrente, e buona parte di quelli che lo avevano affermavano che il saldo era pari a zero…  
Ma come al solito ciò che appare non è ciò che è. Così se effettivamente da oggi molti padroni pagheranno servizi e prestazioni, la verità è che con il nuovo ISEE la maggior parte di noi lavoratori e pensionati vedrà aumentare le tariffe e scomparire le esenzioni. È il classico gioco delle tre carte di Renzi che ufficialmente non aumenta le tasse ma taglia i servizi e/o li rende a pagamento. La verità è che per i padroni l’aggravio sarà minimo in quanto, ad esempio, pagare il ticket sanitario per chi ha un patrimonio di qualche centinaio di migliaio di euro è poca roba, mentre invece incide notevolmente su un pensionato che prende 1.000 euro al mese e in banca ha veramente poco e niente.

Questo l’antefatto: scusatemi se mi sono dilungato ma serviva a far capire la cornice in cui si inserisce l’episodio che mi accingo a raccontare. Dunque, in questo periodo passiamo buona parte della giornata a calcolare la giacenza media dei conti correnti. Si tratta di un attività abbastanza noiosa ma tutto sommato la preferisco in quanto, a differenza del solito, non vendiamo prodotti e abbiamo una scusa per sottrarci alle costanti pressioni commerciali. A differenza del solito, ti senti utile nel dare un servizio a lavoratori come te con cui è anche piacevole scambiare quattro chicchere intanto che sbrighi la pratica.
Qualche giorno fa invece si presenta a chiedere la giacenza media un cliente particolarmente facoltoso che di professione fa l’imprenditore. Si tratta di uno che abitualmente dichiara di guadagnare 500 euro al mese ma sul conto corrente ha diverse centinaia di migliaia di euro frutto per l’appunto di anni di evasione fiscale. Alla sua richiesta io rimango un po’ interdetto ed evidentemente assumo un espressione abbastanza eloquente tanto che lui se ne accorge e mi chiede perché lo guardo in quel modo. A quel punto non posso fare a meno di fargli presente che mi sembra un po’ assurda la sua richiesta, come può solo immaginare di avere delle agevolazioni con quel patrimonio? Lui rimane sbigottito e non può credere a ciò che gli sto dicendo: è sinceramente scandalizzato dal fatto che ora non potrà più beneficiare della fascia più bassa di pagamento delle tasse universitarie dei figli come ha sempre fatto! Provo a farlo ragionare ma niente: è semplicemente scioccato.
Ma la cosa bella è che alla fine non mi ha creduto e ha preteso comunque che gli venisse certificata la giacenza media. Anche quest’episodio al pari del primo mi ha dato molto da pensare e mi ha indotto a due riflessioni:
 
1. La questione del nuovo ISEE in molti l’abbiamo sottovalutata. Si tratta di un provvedimento che incide in maniera pesante sulla vita di pensionati, lavoratori e delle loro famiglie. Seppur in maniera indiretta determina di fatto una forte diminuzione delle retribuzioni in quanto saremo costretti a destinare sempre maggiori quote del salario a servizi che prima erano gratuiti o avevano costi inferiori. Bisogna assolutamente mobilitarsi anche sulle questioni di carattere fiscale!
2. I padroni sono delle bestie di ignoranza. Prima di conoscerli da vicino me li immaginavo perfidi ma almeno intelligenti. Invece non sanno nulla, non si informano di niente e, se non fosse per i professionisti di cui si circondano, molti di loro sarebbero finiti da tempo. In più sono dei miserabili senza alcuna dignità che, per risparmiare quelli che per loro sono solo pochi spiccioli, non si vergognano a fare figure di merda come quella fatta con me in banca.
 
Ma soprattutto mi viene da pensare che è una vita che ci truffano e ci derubano. E davvero non se ne può più! Organizzarci per fargliela pagare anche un po’ a loro non è una presa di posizione ideologica, è una necessità materiale! 

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