Un fantasma si aggira nella Repubblica

I giri di parole non mancano, ma il quadro è inequivocabile: le illusioni su un ceto medio che non esiste si sono sgretolate sotto il martello della crisi economica.

La grande maggioranza del paese, quella che lavora, gli operai che “non esistono più”, ritiene di appartenere alla classe bassa o medio-bassa. Con tutto il carico di paura, sfiducia e rabbia che ne consegue.

Ce lo dice La Repubblica, a partire dai sondaggi sviluppati da Demos. Perché, come dicevamo nel nostro libro, chi ci governa, la borghesia, “ha bisogno di sapere come siamo fatti. Ne ha bisogno per sapere come può fare profitti, come può sfruttarci di più e meglio, e – poiché sa anche di essere una minoranza della società – come può utilizzare le nostre debolezze e comandare attraverso le nostre divisioni. Perciò appena esce dai salotti televisivi dove ci riempie di stupidaggini per farci stare buoni, la borghesia si mette alla scrivania per studiare come stanno le cose.”

E quindi possiamo leggere uno dei giornali più filo-governativi del paese, quello che tesse le lodi del mercato, dell'Europa, della globalizzazione, della flessibilità, smontare colpo su colpo, dato su dato, la retorica Renziana dell'ottimismo e della fiducia. Si scopre che gli unici a coltivarla questa fiducia sono le fasce alte tra gli imprenditori, i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, “tra i quali, anzi, si è allargata la componente di quanti si sentono arrivati in cima alla scala.”.

Questi sono i referenti del Governo, in un'Italia che, come tantissimi altri paesi occidentali, si sta polarizzando. Se non siamo ancora arrivati al mondo del 99% contro l'1%, come si è sentito urlare in questi anni nelle piazze americani, inglesi, spagnole, poco ci manca. Ed è anche per questo che la questione della “governabilità”, parola asettica e apparentemente neutrale, diventa dirimente. Bisogna fare in modo che questa massa di esclusi dai benefici del progresso tecnico e produttivo, quelli anzi su cui questo stesso progresso si edifica, non possa metter becco nella gestione politica dello stesso. A costo di forzature istituzionali, di modifiche costituzionali come quella per cui si andrà a votare a Ottobre.

Ma se “è importante la semplificazione istituzionale prodotta dal ridimensionamento del bicameralismo paritario, la frattura di classe che oggi è percepita da metà della società italiana resterà. Immutata.” Ce lo dice, con parole che stupiscono anche noi, il giornale fondato da Eugenio Scalfari. Che addirittura cita le straordinarie mobilitazioni che stanno infiammando in questo momento la Francia. I cui sviluppi sono clamorosamente assenti nelle prime pagine dei nostri quotidiani, ma costantemente monitorati in quelle di mezzo. Perché “come mostra il conflitto sociale esploso in Francia contro il Jobs Act, conviene fare attenzione al degrado che coinvolge il sentimento sociale.”

E allora la nostra prima priorità dev'essere quella di trasformare questa paura in prospettiva. La sfiducia verso le cose per come stanno andando in speranza per come le cose potrebbero andare se riuscissimo a superare i rancori e le diffidenze reciproche. Quelle diffidenze che ancora dividono il corpo delle nostra classe, mettendo in concorrenza i suoi membri e che sono alimentate ad arte dai padroni, dai giornali, dalla classe politica. E che sono usate come scusa da sindacati opportunisti e venduti per non provare a fare niente, “tanto i lavoratori non scioperano”.

Ma di lotte, di scioperi, di mobilitazioni, in questi anni ne abbiamo viste e ne continuiamo a vedere tantissime. Hanno solo bisogno di esprimersi con un'unica voce, muoversi con un unico passo. Ora che senza più un futuro da perdere abbiamo un presente da conquistare.

Renzi  

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