La riforma in pillole. Un primo commento

Ripubblichiamo da Je so' Pazzo.
Nel tentativo di chiarirci le idee sugli aspetti tecnici della legge di riforma costituzionale, abbiamo costruito uno schema che vogliamo condividere con voi. Si tratta di un esame dei cambiamenti più rilevanti che la riforma apporterebbe alla Costituzione.
La spiegazione vuole essere distaccata e neutra, per quanto possibile, ma ogni tanto ci “è scappato” un commento più politico, lo troverete in corsivo.

 
IL PARLAMENTO

Funzioni delle camere

Nel disegno della riforma, il Parlamento continua a essere composto da due camere: Camera dei Deputati e Senato della Repubblica, ma ognuna di esse ha funzioni diverse. È specificato che solo i membri della Camera rappresentano la nazione e, di conseguenza, soltanto la Camera è titolare del rapporto fiduciario con il governo, solo la camera conserva il potere di indirizzo politico, e di controllo (che si esercita tramite la mozione di sfiducia). La Camera esercita la funzione legislativa.
Il Senato, invece, rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita le funzioni di raccordo fra lo Stato, gli altri Enti costitutivi della Repubblica (Regioni, Comuni, Città metropolitane) e l’Unione Europea; il Senato “concorre” all’esercizio della funzione legislativa, per alcune materie e con modalità specifiche, che vedremo in seguito.

Questa modifica può sembrare innocua, a prima lettura, ma va inquadrata nel complesso disegno di accentramento dei poteri nelle mani del governo; così quello che fanno passare per semplificazione e risparmio è pura propaganda: da un lato la semplificazione non c’è, basta guardare le miriadi di eccezioni presenti nel procedimento legislativo, dall’altro il risparmio, che si sarebbe potuto ottenere in altro modo, non può essere mai considerato un giusto prezzo della democrazia! Velocizzare l’iter legislativo, saltando l’approvazione del Senato, e demandare il controllo sul Governo alla sola Camera dei deputati, è un modo per svincolare il governo dalle istanze popolari, un modo per blindare le decisioni che vengono dall’alto e da pochi, contro la volontà di tutti gli altri, del popolo.

Composizione del senato

I senatori diminuiscono da 315 a 100: 95 sono rappresentanti delle istituzioni territoriali, 5 sono nominati dal Presidente della Repubblica.
Per quanto riguarda i 95, questi sono eletti dai Consigli regionali tra i loro consiglieri (nel numero di 74) e tra i sindaci dei Comuni (nel numero di 21). La durata del loro mandato coincide con quella degli organi delle istituzioni nei quali sono stati eletti.
I senatori nominati dal Presidente della Repubblica durano in carica sette anni, come il Presidente che li ha nominati.

Mentre il mandato della Camera dura 5 anni (il tempo della legislatura), i senatori, secondo quanto stabilito dalla riforma, potranno andare e venire a seconda di quanto resista la loro carica presso gli enti territoriali di provenienza: evidentemente il loro ruolo nel procedimento legislativo è assolutamente irrilevante. Ci domandiamo, quindi, a che serva mantenere un Senato nella composizione voluta dalla riforma…la risposta la scopriremo più avanti…
Per quanto riguarda le modalità di elezione dei senatori, possiamo ben dire che la riforma, non scendendo in dettagli, allo stato attuale è indeterminata: non si capisce se si tratta di una elezione indiretta (da parte dei consigli regionali) o diretta (da parte degli stessi elettori, chiamati a votare i consiglieri regionali e tra questi, quelli che andranno a sedersi anche al Senato). Il nodo dovrà essere sciolto con legge ordinaria. In ogni caso, qualunque sarà l’esito, entrambe le opzioni sono da ritenere illegittime perché gravemente lesive del principio fondamentale della sovranità popolare: nel primo caso i cittadini si vedranno sottratto il potere di scegliere direttamente i propri senatori, nel secondo caso i cittadini potranno sceglierli limitatamente ai loro consiglieri regionali.
I 5 senatori scelti dal Presidente della Repubblica, la cui carica ha la stessa durata del mandato del Presidente che li ha nominati, sono inevitabilmente collegati a lui a doppio filo, producendo una manifesta attenuazione della loro autonomia istituzionale.


SUL POTERE LEGISLATIVO

Il Procedimento legislativo

La funzione legislativa continua a essere esercitata da entrambe le Camere, collettivamente, solo in alcune materie, e precisamente: leggi di revisione costituzionale e leggi costituzionali; leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali in materia di minoranze linguistiche; referendum popolari; leggi che determinano l’ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo, funzioni fondamentali di comuni e città metropolitane; leggi che stabiliscono termini e forme della partecipazione dell’Italia alla formazione e attuazione dell’attività normativa europea; leggi che determinano i casi di ineleggibilità e incompatibilità dei senatori, leggi relative alla modalità di composizione del Senato, leggi attuative delle disposizioni del titolo V della Costituzione.
Tutte le altre leggi sono approvate dalla sola Camera dei deputati.
Ogni disegno di legge approvato dalla Camere è trasmesso al Senato che entro 10 giorni, se ne fanno richiesta 1/3 dei suoi componenti, può esaminarlo; nei 30 giorni successivi il Senato può proporre delle modifiche sulle quali, in ogni caso, deve pronunciarsi la Camera. Fanno eccezione i disegni di legge in materia di bilancio (ex art. 81 Cost.) che, approvati dalla Camera, devono poi essere esaminati dal Senato che può proporre modifiche entro 15 giorni.
Il senato, se lo decide la maggioranza assoluta dei suoi membri, può chiedere alla camera di far esaminare un disegno di legge su sua proposta. La camera procede all’esame e si pronuncia entro sei mesi.
Esclusi i casi in cui il Senato è chiamato a intervenire nel procedimento legislativo, escluse le leggi di amnistia e di indulto e di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali e le leggi di bilancio, in tutti gli altri casi, il Governo può chiedere alla Camera di deliberare, entro 5 giorni dalla sua richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale dal governo sia iscritto con priorità nell’ordine del giorno e sottoposto a pronuncia definitiva entro 70 giorni.

Con queste modifiche si sancisce un potere di ingerenza del Governo nel procedimenti legislativo a dir poco anomalo; l’iter legislativo viene tremendamente complicato, si contano più di dieci modalità diverse per approvare le leggi; la vaghezza della formulazione del testo della riforma produrrà un serie di controversie – quale procedimento applicare per la produzione di una legge su una certa materia? – e la soluzione sarà demandata al Presidente della camera  e al Presidente del senato.

Iniziativa legislativa popolare

Sono richieste 150.000 firme, non più 50.000.

Si commenta da sé: aumenta il numero delle firme diminuisce il potere dei cittadini.

Leggi elettorali

Le leggi che disciplinano l’elezione dei membri della Camera e del Senato (leggi elettorali) possono essere sottoposte al vaglio preventivo della Corte Costituzionale se 1/4 dei componenti della camera o 1/3 del Senato ne fanno richiesta entro 10 giorni dall’approvazione della legge.

Questa disposizione sembra fatta ad hoc per evitare ciò che è successo con il Porcellum, e assicurarsi che la Corte Cost., come organo di garanzia, abbia un limitato margine di manovra, condizionando il giudizio di costituzionalità delle leggi elettorali alla richiesta del parlamento (lo stesso che le ha votate!!!) ed eludendo il meccanismo orizzontale del sollevamento della questione di costituzionalità, che finora è stato sempre successivo e mai soggetto e termine. Il giudizio preventivo di costituzionalità sulle leggi elettorali rischia di politicizzare la Corte il cui giudizio, non poggiandosi su un fatto specifico, non potrà che essere di natura generale e astratta. La riforma non specifica se le leggi elettorali potranno essere sottoposte anche al vaglio successivo, se così non fosse, la situazione risulterebbe ancora più grave.

Decretazione di urgenza

Il governo deve presentare il decreto legge, per la sua conversione in legge, solo alla Camera dei deputati, anche per le materie in cui la funzione legislativa è esercitata dalla due Camere.
Il governo non può emanare decreti legge nelle materie elencate nell’art. 72 comma 5; può farlo per la materia elettorale (disciplina dell’organizzazione del procedimento elettorale e dello svolgimento delle elezioni).

Negli ultimi 30 anni il decreto legge è stato lo strumento più abusato per ovviare alle “lungaggini” dell’iter parlamentare e lasciare al governo la prerogativa, che normalmente non gli spetta, di decidere scavalcando la sovranità popolare.
I limiti per materia che la riforma sembra introdurre in realtà già sussistevano nel nostro ordinamento, perché recepiti tramite sentenze della Coste Costituzionale; tali limiti, in ogni caso, sono compensati dal nuovo potere attribuito al governo di imporre l’ordine del giorno sulla discussione di leggi ordinarie: ne segue una compressione dell’autonomia della Camera e un aumento del potere del governo in parlamento.
Bisogna aggiungere che la riforma permette un’estensione dell’utilizzo di dl anche alle regole relative alla materia elettorale, la cui importanza evidente, emerge, tra l’altro, dai continui riferimenti presenti nella riforma stessa. Si tratta, infatti, di un terreno su cui si giocano le regole delle democrazia: la scelta di un sistema elettorale, o di un altro, incide in maniera profonda sulla composizione del parlamento, e quindi sulla costituzione del governo e degli altri organi elettivi, incluso il Presidente della Repubblica; dalle leggi elettorali dipende il grado di rappresentatività delle istituzioni, l’effettività dell’espressione della volontà popolare.


ORGANI DI GARANZIA COSTITUZIONALE

Presidente della Repubblica

La riforma esclude dall’elettorato attivo del Presidente della Repubblica i delegati regionali; vengono, inoltre, modificate le maggioranze: dal quarto scrutinio (quarto, quinto, sesto) la maggioranza sufficiente deve essere dei 3/5 dell’assemblea, dal settimo scrutinio invece è sufficiente la maggioranza dei 3/5 dei votanti.
Il Presidente della Repubblica può sciogliere solo la Camera, non il Senato.

L’innalzamento della soglia della maggioranza necessaria per l’elezione del PdR nei primi sette scrutini è solo fumo negli occhi, se si pensa che la maggioranza parlamentare (e quindi il governo) può far vincere il proprio candidato disertando i primi sei scrutini: l’elezione al settimo scrutinio è praticamente assicurata! In raccordo con l’Italicum nell’elezione del PdR aumenta il peso del partito che ha la maggioranza nella Camera.

Corte Costituzionale

I 5 membri della Corte Cost., che oggi sono eletti dal Parlamento in seduta comune, con la riforma saranno eletti nel numero di 3 dalla Camera e 2 dal Senato.

A fronte del fatto che i sentori sono solo 100, il loro potere di incidere sulla scelta dei membri di un organo di garanzia quale la Suprema Corte diventa spropositato.


STATO ED ENTI TERRITORIALI

Vengono abolite le province. Forme di autonomia simili a quella delle regioni a statuto speciale possono essere estese ad altre regioni, in alcune tassative materie su richiesta delle stesse e sentiti gli enti locali purché la regione richiedente dimostri il pareggio di bilancio.
Aumentano le materie di competenza legislativa statale. In particolare, alla lettera e si aggiungono: i mercati assicurativi, la promozione (oltre alla tutela) della concorrenza; alla lettera g: norme sul procedimento amministrativo e sulla disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche; alla lettera q: commercio con l’estero; alla lettera t: norme che riguardano l’ordinamento delle professioni e della comunicazione; alla lettera u: disposizioni generali e comuni sul governo del territorio, coordinamento della protezione civile; alla lettera v: produzione, trasposto e distribuzione nazionale dell’energia; alla lettera z: infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza, porti e aeroporti civili di interesse nazionale e internazionale.
Le regioni hanno competenza esclusiva a legiferare su determinate materie, elencate in maniera esplicita, ma su proposta del governo la legge dello Stato può intervenire in materie riservate quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica o dell’interesse nazionale.

È stata abolita la legislazione concorrente e rivisto il perimetro delle competenze esclusive; è stata introdotta la clausola di supremazia statale in virtù della quale ai fini della tutela dell’unità giuridica ed economica della repubblica o dell’interesse nazionale, su proposta del governo, la legge statale può intervenire anche in materia di competenza esclusiva delle regioni.


IN SINTESI

• La riforma, nella sua prima parte, sancisce la fine del bicameralismo perfetto: solo la Camera dei deputati accorda e revoca la fiducia al governo e solo la camera “rappresenta la nazione”, ha la funzione legislativa e la funzione di indirizzo politico e di controllo sul governo. Al Senato viene attribuito un ruolo confuso – rappresenta istituzioni territoriali, partecipa al procedimento legislativo, ha la funzione di raccordo tra stato ed Enti territoriali – e, anche per la sua composizione, appare immediatamente più rappresentativo delle lobbies territoriali e dei poteri forti (non trascuriamo la scelta dei senatori da parte del PdR!) che dell’interesse dei cittadini; ne è dimostrazione il fatto che l’intervento del Senato, annullato o depotenziato nella fase legislativa, ritorna forte, incisivo in maniera sproporzionata rispetto alla Camera, nell’elezione del Presidente della Repubblica e dei membri della Corte Cost., ossia dei due maggiori organi di garanzia costituzionale posti a difesa dei principi fondamentali dello Stato democratico (v. sotto, artt. 21 e 37).

• È necessario considerare questa riforma in combinato disposto con la nuova legge elettorale (Italicum, l. n. 52 del 2015) che assicura una maggioranza assoluta alla lista che ottiene il miglior risultato al primo turno se supera anche solo il 40% dei voti; se ciò non dovesse accadere (perché nessuna supera il 40%) si andrebbe al ballottaggio, per il quale non è prevista alcuna soglia di partecipazione elettorale, quindi anche nel caso di astensione maggioritaria, anche una sola lista, con un pungo di voti, potrà formare un governo e ottenere la fiducia.

• Il potere legislativo delle regioni si riduce e ci si allontana dal modello solidale di federalismo per avvicinarsi a un modello competitivo (v. premi alle regioni meritevoli per pareggio di bilancio). Basta scorrere la lista delle materie che il governo centrale si è riservato per le proprie decisioni, sottraendo una larghissima fetta di autonomia agli enti territoriali, per capire su quali nodi cruciali questa riforma va incidere: energia, trasporti, lavoro, rapporti con l’Europa…La riforma autoritariamente costruisce uno strumentario ad hoc per risolvere dall’alto e contro la volontà popolare i problemi della tav, tap, ttip...delle risorse energetiche e dello sfruttamento indiscriminato del territorio.

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