[Firenze] Infermieri di Torregalli: i sindacati trattano, ma sulla pelle dei lavoratori

Riportiamo interamente un articolo di CortoCircuito sulla situazione interna all'ospedale Don Gnocchi di Torregalli, un altro fronte aperto dalla spending rewiew.

Di seguito l'articolo:

Un mese fa, rispetto alla situazione che ci era stata segnalata all’ospedale Don Gnocchi di Torregalli, scrivevamo quanto segue:

Con la solita scusa della “crisi”, dei “sacrifici” e della “mancanza di fondi adeguati”, la Fondazione Don Gnocchi (quella che gestisce le finanze dell’ospedale) vuol disdire il contratto collettivo di lavoro e, in pratica, tagliare i salari dell’aumento stabilito e, logicamente (secondo la “logica” imperante) aumentare l’orario di lavoro di altre due ore settimanali, passando da 36 a 38, a parità di salario. Insomma: il solito modo di aumentare lo sfruttamento di chi lavora, a danno della vita di tutti, tanto in questa struttura, come a Careggi.

Nel frattempo la situazione si è parzialmente evoluta: la settimana scorsa i sindacati si sono incontrati a Roma con i rappresentanti della Fondazione e, dopo l’incontro, hanno diramato questo comunicato, in vista di un prossimo incontro:

Comunicato Unitario FPCGIL – CISL FP – UIL F.P.L.

In data 13 maggio u.s. abbiamo avuto il secondo incontro con la Fondazione Don Gnocchi in merito alla disdetta del contratto nazionale.

Unitariamente abbiamo manifestato subito forti perplessità in merito ad alcuni punti contenuti nella bozza di proposta datoriale ed in particolare abbiamo rappresentato di non essere assolutamente d’accordo nel destrutturare l’attuale CCNL, ma di essere disponibili a verificare la possibilità di adeguare al settore della riabilitazione alcuni istituti contrattuali, temporaneamente, in parallelo al piano industriale della Fondazione per ristabilire in un tempo certo condizioni finanziare ed economiche ottimali.

Il confronto si è quindi articolato, senza mai entrare nel dettaglio, su alcuni istituti contrattuali, come in particolare: l’orario di lavoro, la struttura della retribuzione per i nuovi assunti, l’inserimento dell’apprendistato, e la normativa che regolamenta le ferie non godute.

Inoltre, abbiamo richiesto di conoscere i numeri relativi alle difficoltà economico-finanziarie della Fondazione al fine di trovare soluzioni definitive e non soltanto parziali, affermando da subito che la crisi non può essere affrontata solo attraverso l’abbattimento del costo del lavoro o demolendo i fondamenti del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (sottolineatura nostra).

E’ vero che in questi ultimi anni scelte politiche sbagliate hanno determinato forti criticità nell’intero settore socio-sanitario, ma anche la Fondazione Don Gnocchi deve assumersi le proprie responsabilità rispetto a scelte aziendali, non sempre coerenti, che non possono pagare solo le lavoratrici e i lavoratori.

Ecco perché qualunque misura, anche contrattuale, verrà definita dovrà essere temporalmente finalizzata al superamento della fase acuta della crisi.

Sulla base di quanto detto nel corso della riunione la FDG ha assunto l’impegno di elaborare una nuova bozza da sottoporci al prossimo incontro, già fissato per il 28 maggio prossimo, e a fornirci gli elementi relativi allo stato di difficoltà da noi richiesti (bilancio, stato economico-finanziario, personale, ecc.).

Sarà, ovviamente, nostra cura informarvi tempestivamente sullo stato della trattativa, pregandovi di informare capillarmente i lavoratori, anche al fine di evitare in questa fase della trattativa inutili conflittualità territoriali.

Roma, 15 maggio 2013

La parte del comunicato che abbiamo sottolineato in neretto ci sembra una delle più interessanti, in quanto i sindacati confederali ci tengono a ricordare che non si dovrebbe SOLO (quindi non si respinge l’ipotesi, la si ridimensiona) tagliare sul “costo del lavoro” (altro termine ambiguo per non dire tagli e sfruttamento) o “demolire i contratti nazionali”. (nella foto, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano mentre riceve il presidente della Fondazione e il suo vice)

Il problema, però, sta proprio nel non dire ai lavoratori come realmente stanno le cose: licenziare con la scusa della crisi, che tra le altre cose pare il Don Gnocchi non attraversi vista la probabile apertura di un nuovo istituto a Fivizzano (MS), è da sempre la costante di ogni azienda; così come l’inasprimento dei turni lavorativi  per chi resta a lavoro, a parità di salario (che si chiama sfruttamento). Questi sono tutti modi per NON salvaguardare chi lavora, servono infatti per spremere energie, tempo di lavoro e, di conseguenza, tempo di vita dal personale sanitario. Il tutto per aumentare i profitti aziendali, alla faccia della “onlus”, ed essere “competitivi. Sui contratti collettivi ormai in estinzione, infine, si tratta dell’estensione del modello Marchionne ad ogni “relazione sindacale”, un modello che nè i direttivi della CGIL nè tanto meno quelli di Cisl e Uil hanno mai cercato veramente di contrastare. E’ ovvio che le aziende approfittino della crisi come periodo e scusa ideali per mettere in pratica tutto ciò: ci si aggrappa alla retorica della “responsabilità”, del “bene dell’azienda”, col velato ricatto (neanche troppo, in certi casi più che palese) dei licenziamenti. Marchionne è stato solo un apri-pista in tempi “non sospetti”.

Da parte nostra non possiamo che auspicare una mobilitazione di questi lavoratori, per lo più infermieri (a proposito di chi è sulla corsia preferenziale in fatto di sacrifici) visto che i sindacati confederali dimostrano da anni la loro complicità  nell’avallare nuovi livelli di sfruttamento dei lavoratori. Concertare, contrattare sulla graduale abolizione di ogni minima tutela sul posto di lavoro, sulla pelle di chi lavora, non può più essere accettato, c’è bisogno di alzare la testa. Questo vale sempre ma, nelle specifico, la situazione di questi lavoratori è paradigmatica degli interessi in gioco: le istituzioni tutte, in particolare la Regione, la Fondazione Don Gnocchi, l’azienda e la Chiesa cattolica. Non sarà affatto facile ma, intanto, si tratta di cominciare a riconoscere quali sono gli attori in gioco, quali gli interessi, le complicità e, allo stesso tempo, la necessità di lottare contro lo sfruttamento. Come hanno fatto e stanno facendo i lavoratori di Careggi dove, non a caso, in seguito alla spending review della Regione Toscana, si sta tentando di creare un precedente per, tu guarda le coincidenze, aumentare l’orario di lavoro a parità di salario; o come a Pisa, dove i lavoratori non sono rimasti a guardare.

Rete Camere Popolari del Lavoro