Corteo 17 maggio a Firenze, uniti ed inflessibili contro il jobs act!

Cosa ha fatto Renzi (o meglio cosa non ha fatto) una volta nominato Presidente del Consiglio? Non la riforma elettorale, o una finanziaria; non si è nemmeno concentrato sui tanto sbandierati costi della politica.

Renzi si è affrettato a fare una riforma del lavoro. Lo ha fatto immediatamente, senza perdere un istante. L’Italia deve recuperare competitività sui mercati mondiali, questa è l’urgenza del governo. Ci sono tanti modi per farlo, ma Renzi ha scelto quello che un degno rappresentante della classe imprenditoriale come lui predilige: attaccare il costo del lavoro. La ricetta, dunque, è semplice: occorre abbassare i salari e le condizioni generali in cui lavorano quotidianamente milioni di persone in questo paese, per convincere chi investe a scegliere l’Italia. L’«attrattività economica», per i padroni, coincide con la crescita dello sfruttamento dei lavoratori.

Il governo si è guardato bene dal presentare un progetto di legge unico che affrontasse complessivamente una materia così esposta al conflitto, cosicchè ha preferito spezzettare il proprio «piano del lavoro» in più provvedimenti. La tattica di Renzi è quella di frammentare i lavoratori, per non permettere nessun riconoscimento reciproco tra le « vittime » designate e evitare così la possibile organizzazione della controffensiva. «Divide et impera» è il (non) detto che si porta a Palazzo Chigi, tra chi guarda al mondo del lavoro come si guarda ad un campo di battaglia. Quindi, nel DL 34/14, con una mano si danno 80 euro a una parte del lavoro dipendente (i cosiddetti «garantiti», che poi garantiti non sono per niente) per tenerselo buono, e con l’altra si potenzia la “flessibilità in entrata”, aumentando a dismisura l’apprendistato e allungando «ab aeterno» il tempo determinato, rendendo così disperata e sempre piu’ universale la condizione di milioni di lavoratori precari. Passo successivo del Governo Renzi sarà, come da Jobs Act, strizzare l’occhio ai disoccupati introducendo un insufficiente e temporaneo reddito garantito e parallelamente aumentare la “flessibilità in uscita”, attaccando la cassa integrazione e l’articolo 18, il simbolo delle  conquiste operaie degli anni ‘70.

Una guerra di tutti contro tutti per due lire (in meno): questo è il progetto del Jobs Act. Contratti a termine e apprendistato vengono così ancora una volta implementati per garantire ai padroni un bel bacino di lavoratori precari, facilmente sostituibili e ben lontani dal “tempo indeterminato”. Ormai abbiamo imparato però che questa precarietà indebolisce tutti, anche i lavoratori “garantiti”, poiché l’introduzione di altre forme contrattuali all’interno dello stesso posto di lavoro porta a spezzettare il fronte della lotta e ridurre la capacità di determinare gli esiti delle vertenze e della contrattazione. Per di più, i lavoratori a tempo indeterminato che perderanno temporaneamente il lavoro rientreranno sul mercato alle condizioni di flessibilità previste dal Jobs Act.

Il nostro compito, a questo punto, è quello di ricomporre il fronte. Riconoscere che la lotta degli studenti contro i tirocini e l’apprendistato riguarda tutti. Che la lotta dei lavoratori dipendenti per il mantenimento della cassa integrazione e dell’articolo 18 riguarda tutti. Che la lotta dei lavoratori immigrati contro il ricatto del permesso di soggiorno legato a condizioni di lavoro misere riguarda tutti. Che la lotta dei precari per una maggiore sicurezza riguarda tutti. Che ogni lotta per migliorare le condizioni di lavoro e il salario riguarda tutta la classe. Il 17 maggio saremo in piazza tutti insieme, per lavorare meno e per lavorare tutti a parità di salario. E lavorare tutti, per lavorare meno.

Lottiamo uniti, perché ci vogliono divisi e in competizione l’uno con l’altro.
Siamo inflessibili, contro la flessibilità che ci vogliono imporre!

Sabato 17 Maggio corteo cittadino
appuntamento Piazza S.Marco ore 15:30

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