Cina: nuove lotte alla IBM e alla Walmart

I lavoratori e le lavoratrici lottano in tutto il mondo. Ne abbiamo prova qui, sebbene spesso sia difficile anche solo documentare le tante vertenze che nascono tra le mura di un’azienda, dove spesso si tratta di battaglie per la difesa delle condizioni di vita e di lavoro. Allargando lo sguardo oltre confine, la situazione non è poi diversa. Lavoratori e lavoratrici sotto attacco che rispondono puntualmente, purtroppo non sempre in maniera efficace. In alcuni paesi, invece, i lavoratori sono invece all’attacco, in particolar modo nel Sud-Est asiatico.

In Cina, ad esempio, milioni di operaie ed operai sono riusciti a strappare aumenti salariali, riduzioni degli orari, festività, maggiori tutele per la salute e la sicurezza. Tuttavia, la situazione non può certo dirsi rosea e spesso lavoratori e lavoratrici sono costretti a fronteggiare anche lì, in quella che molti ritengono ‘l’officina del mondo’, licenziamenti, chiusure, delocalizzazioni.

Nel mese di marzo 2014, China Labour Bulletin ha riscontrato lo scoppio di ben 80 vertenze, tra cui alcune di immediata valenza internazionale, dal momento che vanno a colpire colossi attivi in tutto il globo.

È il caso dello sciopero indetto alla IBM, durato dieci giorni e terminato il 12 marzo. Una battaglia non ancora conclusa dal momento che, se è vero che alcuni operai hanno ottenuto compensazioni ed altri hanno invece scelto di andar via, in 20 sono stati licenziati durante le giornate di astensione dal lavoro e sono ora impegnati nella lotta per il reintegro. “Ho lavorato qui per dieci anni e mezzo e ora mi ritrovo licenziato per essere un ‘agitatore’. Non è giusto.” Ha riferito Wen Yong, uno dei licenziati.

Anche presso alcuni punti vendita della Walmart le ultime settimane sono state alquanto movimentate. Il 21 marzo la polizia ha aggredito il picchetto che 143 lavoratrici e lavoratori avevano organizzato ormai da più di una settimana al di fuori del supermercato di Changde per protestare contro la decisione aziendale, comunicata il 14 marzo, di chiudere il punto vendita. L’intervento della polizia è stato violento e ha portato al ferimento di alcuni dei presenti al picchetto. Nonostante ciò, i lavoratori hanno già dichiarato di non voler interrompere le proteste.

L’episodio non è stato isolato, dal momento che la violenza poliziesca si è abbattuta anche contro i lavoratori a Maanshan ad Anhui, con lo sgombero del picchetto organizzato contro la chiusura prevista dalla Walmart per la fine del mese. Nel solo mese di marzo Walmart ha annunciato la chiusura di ben 5 punti vendita in tutto il paese, dopo averne già chiuso 13 negli ultimi 15 mesi.

Le decisioni di Walmart avvengono senza essere in alcun modo concordate con il sindacato né vengono comunicate con il preavviso previsto dai termini di legge. Peraltro, l’unica possibilità che è stata ‘concessa’ alle lavoratrici di Changde è stata quella di scegliere tra l’essere riassunte in un altro negozio in Cina (ed il più vicino dista circa 100km) oppure accettare una liquidazione che i lavoratori ritengono ben al di sotto degli standard. Non solo: per svuotare i negozi della merce di maggior valore, Walmart ha assunto del personale a tempo determinato che potesse sostituire i lavoratori che nel frattempo protestavano contro le chiusure, il che, ovviamente, non ha contribuito ad una distensione degli animi. Ciononostante, le trattative vanno avanti, anche se ci sono ancora alcuni punti importanti su cui non si è trovato alcun accordo (vedi qui per conoscere la piattaforma rivendicativa ed i punti su cui non si è trovato ancora alcun accordo).

Nella battaglia contro Walmart ha avuto un ruolo anche il sindacato che, invece, tradizionalmente, assume un atteggiamento piuttosto passivo nel corso delle dispute tra lavoratori ed aziende. Nel caso specifico ha supportato con forza le lavoratrici ed i lavoratori. “E’ estremamente raro ed eroico che un sindacalista lotti per i diritti dei lavoratori. È qualcosa cui tutti dovremmo salutare con gioia e da cui tutti dovremmo imparare”, ha affermato Wang Jiangsong, professore al China Institute of Industrial Relations. La spiegazione di questo “nuovo” atteggiamento starebbe, almeno a sentire il parere di China Labour Bulletin, non tanto in un cambiamento di strategia a livello generale, quanto nel fatto che il numero crescente di lotte sui posti di lavoro costringe il sindacato a prendere una posizione, che sia favorevole o contraria ai lavoratori, non potendo più permettersi un atteggiamento passive.

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fonti:
- China Labour Bulletin – Lotta alla Walmart
- China Labour Bulletin – Lotta alla IBM

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