[Genova] Lavoratori in somministrazione mensa Gaslini. Una storia di lotta e diritti negati

Una storia esemplare
Da qualche mese un gruppo di lavoratrici e lavoratori del Gaslini di Genova sta conducendo una battaglia per il rispetto di alcuni diritti minimi e per la salvaguardia del loro posto di lavoro.

Si tratta degli addetti all'economato e alla mensa dell'ospedale pediatrico probabilmente più famoso in Italia. In realtà non sono dipendenti diretti dell'ospedale Gaslini e della Regione Liguria ma si tratta di lavoratori in somministrazione, dipendenti di una agenzia di lavoro temporaneo (la Temporary) che agisce in tutta Italia con circa 10 mila addetti.

Che cosa è il lavoro in somministrazione?
In realtà questa tipologia di contratto dovrebbe essere prevista in caso di sostituzione del personale per cause esterne al servizio o nei periodi di picchi lavorativi stagionali. Nel caso dell'ospedale Gaslini di Genova gli addetti in somministrazione lavorano in sostituzione effettiva del personale sia nella gestione dell'economato, sia in altre attività ospedaliere classiche (reparti, assistenza, ostetricia, infermieri). L'estensione del lavoro in somministrazione potrebbe creare alcuni problemi di ordine legislativo; per questo motivo il termine somministrati viene usato dai lavoratori e dalle lavoratrici ma non compare nei documenti dell'azienda, della Regione e di alcuni sindacati da quando, in passato, alcune cause legali avevano portato all'assunzione dei lavoratori somministrati in quanto impiegati in maniera impropria.

L'esternalizzazione del servizio
Pur gestita in parte da lavoratori in somministrazione, la mensa del Gaslini rimane interna all'ospedale e il servizio (a differenza di quasi tutte le altre strutture ospedaliere in Liguria) è gestito all'interno della struttura. La Regione Liguria decide quindi di sanare (sic) questa anomalia e indice una gara di appalto per il servizio mensa a partire dal dicembre 2014. Questa procedura prevede la stesura di una gara di appalto che i dirigenti dell'ospedale passano alla Regione Liguria per l'indizione della gara. A questo punto succede una cosa molto strana: i lavoratori chiedono che siano inserite alcune norme, tra cui la clausola sociale che prevede la riassunzione degli addetti in somministrazione; questa clausola, originariamente presente nella bozza preparata dall'ospedale, sparisce nella gara d'appalto definita dalla Regione Liguria.

Perché sparisce la clausola sociale?
Durante molti incontri con i responsabili dell'ospedale e della Regione la causa di questa sparizione non viene chiarita; eppure è un punto decisivo per impostare una battaglia concreta per la salvaguardia dei posti di lavoro. In realtà, emerge dagli incontri l'idea che l'inserimento della clausola sarebbe una forzatura giuridica. A noi pare invece che il problema sia più a monte e riguardi l'estensione del lavoro in somministrazione a una tipologia di lavoro continuativo: ciò che non si vuol fare è ammettere che il lavoro in somministrazione era, in quel caso, un abuso che andava al di là delle regole dettate dal diritto del lavoro. In passato, cause legali avevano infatti portato alla regolarizzazione di questi lavoratori con la reinternalizzazione; tuttavia le nuove norme contrattuali non prevedono più questa possibilità ma assicurano l'inserimento di una clausola sociale per lo meno all'interno di un passaggio di lavoratori tra agenzie interinali1. In sostanza, i lavoratori vengono truffati due volte: inizialmente perché costretti ad una tipologia contrattuale meno vantaggiosa per loro nonostante la funzione fondamentale nella struttura ospedaliera e successivamente perché privati della clausola sociale che gli darebbe maggiore tranquillità nella trattativa di riassunzione con la ditta che subentrerà nell'appalto.

Il costo e la qualità del servizio
L'esternalizzazione, secondo le autorità regionali, è dovuta all'applicazione delle ferree leggi di bilancio. Il passaggio in appalto del servizio, secondo i calcoli ufficiali, comporterebbe una diminuzione di costi stimata in 8 euro a pasto (attualmente un pasto costa circa 17 euro, l'appalto prevede un costo di 9 euro). In realtà, questa diminuzione è presunta in quanto molti lavoratori dell'economato e della mensa sono vecchi lavoratori alle dipendenze dirette dell'ospedale e della Regione che verrebbero riassorbiti in altre funzioni. Il risparmio riguarderebbe quindi solo i 21 lavoratori in somministrazione. Il problema è comunque più complesso perché occorrerebbe capire come viene effettuato l'abbattimento dei costi sui pasti; ci vengono in mente due possibilità: la diminuzione netta dei diritti e degli stipendi dei lavoratori con l'aumento dei carichi di lavoro o la diminuzione netta della qualità dei pasti (in un ospedale per bambini!).

Sosteniamo la lotta
Come abbiamo cercato di spiegare, la lotta di questi lavoratori non è circoscritta alla sacrosanta volontà di mantenere il posto di lavoro da parte di lavoratori che hanno comunque redditi bassi e difficoltà a trovare altro impiego; è una lotta che deve parlare a tutta la città perché riguarda un ospedale dove è fondamentale la professionalità degli addetti e la qualità dei servizi di base. Inoltre è una storia esemplare per quanto riguarda gli aspetti politici: l'uso disinvolto dei lavori in somministrazione, la sparizione delle clausole minime di solidarietà, l'inadeguatezza e in qualche caso la complicità di alcune strutture sindacali complici o troppo amiche della politica dominante. Sostenere questa lotta significa quindi per noi fornire un piccolo supporto a questi lavoratori affinché non perdano il posto di lavoro. Sullo sfondo rimane una lotta generale contro le esternalizzazioni, i tagli alla sanità e i vincoli di bilancio, che lasciano briciole per i diritti dei lavoratori e dei cittadini a cui viene sempre più negato il diritto a una sanità pubblica efficiente.

1 agroflash.it

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