[Torino] Eataly, la faccia "bella" del capitalismo

A Torino il primo appuntamento verso lo sciopero del 14 Novembre, indetto da sindacati di base e FIOM, è un presidio davanti al primo store di Eataly al Lingotto.

 Fin da subito si sente un'aria diversa da quella del 12 Ottobre, giornata in cui furono molti i volantinaggi in tutt'Italia in sostegno alla lotta dei lavoratori dello store fiorentino.
Ad accogliere i manifestanti una nutrita rappresentanza della Digos, qualche camionetta, qualche capo-reparto e la responsabile del personale.
La campagna contro il "modello Farinetti", marketing patinato e sfruttamento dietro le quinte, non è accettabile davanti al primo store di Farinetti, il fiore all'occhiello della catena del "cibo buono, pulito  e giusto".

La responsabile del personale si affretta a sciorinare dati sulle tipologie di contratto del punto torinese, contesta quelli prodotti dall'inchiesta dei lavoratori e dipinge Eataly come il paradiso dei lavoratori. Non ci dice, però, quanta parte dei contratti a tempo indeterminato sia costituita da contratti di apprendistato. Soprattutto non ci spiega perché il 12 Ottobre siamo stati invitati a non "disturbare i lavoratori" all'interno dello store e pochi avevano voglia di parlare sotto lo sguardo vigile dei responsabili, mentre oggi siano tutti ben disponibili a raccontarci come l'azienda sia in realtà la migliore in cui abbiano mai lavorato.

Alcuni lavoratori rimangono quasi un'ora fuori a raccontarci la loro versione dei fatti, senza che nessuno della direzione gli chieda di tornare a lavorare. "Stranamente", sotto gli occhi dei capi-reparto, i lavoratori escono in buon numero, una decina abbondante, per difendere Eataly con toni anche veementi. Strano che l'azienda  permetta a dei lavoratori di perdere un quarto d'ora a discutere con dei manifestanti. Viene da chiedersi: ad Eataly è normale interrompere il proprio turno di lavoro per uscire a chiacchierare sul piazzale per sottolineare come si lavori proprio bene lì? Oppure è più probabile che l'azienda inciti i lavoratori a "metterci la faccia", in cambio forse di un po' di serenità o prospettiva di stabilità, e che chi dice il contrario o si organizza farà bene a rinunciare alla conferma del suo contratto alla scadenza?

Ma l'episodio di oggi ci dice soprattutto altre due cose: che un'azienda delle proporzioni di Eataly non è così miope da tralasciare i più basilari elementi di psicologia organizzativa, c0me l'identificazione con l'azienda, una grande famiglia in cui i successi del padrone sono i successi di tutti e l'insuccesso è semplicemente dovuto al demerito individuale. Così si arriva al punto che una lavoratrice di 50 anni si dice grata a Eataly perché l'ha assunta alla sua età e ci racconta addirittura come sia contenta di lavorare lì perché coi buoni sconto può fare la spesa due volte alla settimana comprando poco, ma buono. E' proprio qui scopriamo quanto l'ideologia di Farinetti abbia permeato non solo i clienti, ma anche i suoi stessi dipendenti: non hai soldi? Non importa, basta che consumi meno, tiri un po' la cinghia e puoi comunque permetterti i nostri prodotti di qualità. Basta sapersi accontentare.

Ma il dato che emerge forte da questa giornata, al di là dell'evidente operazione ricattatoria messa in piedi dall'azienda che manda i suoi lavoratori a difendere la sua immagine, ci dice come con un tasso di disoccupazione giovanile al 44,2% (e quella generale al 12,3%) avere un lavoro è considerata una fortuna: giovani abituati a lavorare in bar e ristoranti in nero e senza alcuna tutela, imparano davvero ad accontentarsi di poco. Così anche il lavoro precario, sfruttato, in cui il ricatto continuo del licenziamento impedisce qualunque forma di lotta, può apparire all'inizio come qualcosa di inevitabile e quindi da accettare perché "così è dappertutto". "E' la crisi", la solita cantilena che riecheggia sempre. Ma la crisi la paghiamo sempre noi, mentre Farinetti e i suoi sodali continuano a fare soldi. E allora tocca a noi creare coscienza tra i lavoratori, creare consapevolezza che i nostri destini di lavoratori e lavoratrici sono inevitabilmente legati e contrapposti a quelli dei padroni! Verso uno sciopero generale contro il Jobs Act di Renzi che altro non è se non l'estensione del modello Eataly a tutto il mondo del lavoro. Sciopero generale subito!

 

 

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