8 Marzo: donne sempre in lotta!

La giornata dell'otto marzo si è trasformata da tempo in una data vuota di significato, e i tentativi operati dai media di riproporla come giornata in cui parlare delle donne si traducono spesso o in discorsi retorici

contro la violenza o nell'elogio della figura della donna imprenditrice, della donna che è riuscita a conciliare famiglia e carriera, quasi a voler suggerire che, in fondo, il capitalismo può essere vivibile, basta volerlo e crederci.

Mentre la realtà di tutti i giorni in cui vivono le donne che vengono licenziate, molestate sul lavoro o obbligate a sostenere ritmi di lavoro pesantissimi è decisamente diversa e lontana dalla strada della falsa emancipazione offertaci dalla figura della "donna al comando" che, al di là di ogni persuasiva retorica, risulta funzionale all'affermazione di questo sistema di sfruttamento.  

Per limitarci solo al mondo del lavoro, resta nascosta, infatti, la realtà del lavoro femminile nel nostro Paese(1), quasi il più sottopagato d'Europa: sui giornali o nei discorsi della politica fatta nei palazzi del potere non si parla mai delle estreme difficoltà che vivono le donne nel tentativo di conciliare lavori faticosi e malpagati e lavoro di cura, per non parlare di quando sono anche costrette a subire le conseguenze dei tagli che governi e giunte comunali operano a danno delle strutture pubbliche e dei servizi.

E restano nascoste le forme di lotta che molto spesso, come le ultime mobilitazioni del settore scolastico a Roma ci insegnano, le donne che rischiano il posto o un complessivo peggioramento delle condizioni lavorative riescono a mettere in piedi grazie alla determinazione nel difendere non solo il lavoro in quanto tale, ma la dignità del lavoro stesso.

Nel 2014, le lavoratrici degli asili nido di Roma capitale, colpite dallo scempio previsto dall'applicazione del contratto decentrato, hanno rimesso al centro della lotta il lavoro femminile.

Sono scese in piazza insieme agli altri lavoratori pubblici del comune di Roma, colpiti dalle misure di ristrutturazione pensate dalla Giunta di Marino, per dire no al taglio del salario cosiddetto “accessorio” (ma in realtà fondamentale per vivere una vita dignitosa) e al contratto decentrato; e l'hanno fatto a maggio, a giugno, ad agosto e il 27 novembre dell'anno scorso con un presidio sotto al Campidoglio, in seguito al quale l'applicazione del contratto è stata rimandata al primo gennaio.

Hanno manifestato sotto il sole di maggio e sotto la pioggia e il vento di novembre, hanno occupato e presidiato i luoghi in cui i sindacati confederali, seduti ai loro tavoli, decidevano delle loro vite mostrandosi sordi a qualsiasi altra proposta e ciechi davanti alle svariate forme di lotta messe in atto.

Nei primi mesi del 2015 sono ritornate ad essere protagoniste di altre importanti giornate di lotta come quella del 7 gennaio con l'occupazione dell'Aula Giulio Cesare del Campidoglio e del 14 gennaio col presidio presso il Dipartimento delle Risorse Umane.

In questi mesi sono stati inoltre attuati scioperi selvaggi da parte delle maestre precarie (le future disoccupate, secondo il piano di Marino) che garantiscono le sostituzioni in caso di necessità.  Così hanno deciso di non presentarsi più al lavoro per sopperire alle assenze, mostrando concretamente a tutti che cosa sarebbe successo con l'applicazione del contratto decentrato: aumento del carico di lavoro che passa, per ogni maestra, da 27 a 30 ore settimanali e conseguente aumento del numero di bambini che ciascuna maestra ha a proprio carico, a scapito, tra l'altro, della sicurezza dei bambini stessi e dei loro specifici bisogni.

Ma le maestre non lottano solo per sé stesse, ma anche per salvaguardare il diritto delle madri ad avere a loro volta un lavoro cui dovrebbero altrimenti rinunciare per badare ai figli, difendono il diritto dei bambini ad esser curati in maniera dignitosa.

Non si sa se l'episodio delle operaie morte nel rogo della fabbrica di New York che è all'origine della commemorazione dell'otto marzo sia leggenda o storia. Fatto sta che il lavoro femminile è tradizionalmente sottopagato e svalutato; che le donne in questo sistema costituiscono una componente di quel bacino di lavoratori di riserva da cui attingere forza lavoro da pagare di meno per rendere più ricattabili gli altri; che esse rappresentano un prezioso prototipo, pronte ad essere immesse o espulse dal mercato del lavoro a seconda della necessità (dettata dal sistema economico).

Ed è per questo che l'otto marzo di quest'anno abbiamo deciso di ricordare la lotta delle maestre degli asili di Roma e invitare tutti a supportarla perché evidenzia quanto sia fondamentale il lavoro femminile, in tutte le sue forme, per la società in cui viviamo.

La lotta continua!

 

(1) Come scriviamo nel nostro libro "Dove sono i nostri", in Italia c'e un vero e proprio "gender gap" in termini di occupazione, inquadramento contrattuale (le donne sono spesso in part-time),  salari, prospettive di carriera.

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