[Roma] Internalizziamo i servizi. Qualche parola sulla lotta per la riapertura delle mense alla Sapienza

Negli ultimi mesi ci è spesso capitato di dare spazio a lotte ed episodi che riguardano i lavoratori dei servizi in appalto, da Livorno a Firenze, fino a Roma. Anche la piccola battaglia per la riapertura di due delle mense universitarie della Capitale ha messo in luce le pessime conseguenze per lavoratori ed utenti della privatizzazione dei servizi pubblici.

L'unione fa la mensa” hanno scritto gli studenti di Ingegneria su un volantino, dopo la riapertura della loro mensa avvenuta il 9 dicembre con un ritardo di tre mesi. Il riferimento è all'unione di studenti e lavoratori delle mense che in questi mesi hanno costruito insieme una mobilitazione fatta di proteste, assemblee, pranzi sociali e volantinaggi per la riapertura di due delle tre mense della più grande università italiana. Si parla delle mense di Ingegneria ed Economia, rimaste chiuse a settembre per i ritardi nell'assegnazione dell'appalto di gestione alla cooperativa Vivenda da parte dell'Adisu, l'ente regionale per il diritto allo studio responsabile del servizio.

I ritardi erano dovuti al coinvolgimento del gruppo La Cascina nei processi di Mafia Capitale: sulla Cascina e le sue controllate, tra cui Vivenda, era caduta un'interdittiva prefettizia che ha bloccato ogni assegnazione d'appalto fino a inizio novembre. Poi i tempi sono stati ulteriormente prolungati dalla realizzazione di lavori di “manutenzione”, fino alla riapertura della mensa di Economia il 18 novembre e di Ingegneria il 9 dicembre.

Nel frattempo i lavoratori sono rimasti senza stipendio, visto che sebbene la cooperativa sia obbligata da contratto nazionale a ricollocare in altri appalti i lavoratori in attesa, Vivenda si è ben guardata dal farlo (se non per qualche giorno o per pochi dipendenti), proponendo ad alcuni di andare a lavorare fino a 200 km di distanza.
Gli incontri con i funzionari dell'Adisu hanno mostrato agli studenti e ai lavoratori l'ipocrisia di un settore pubblico che scaricava le colpe dei ritardi e delle "mancanze" del servizio mensa (tra i lavori di “manutenzione” figurava l'installazione di una nuova caldaia nella mensa di Ingegneria visto che riscaldamento e acqua calda mancavano da ben tre anni) tutto sulla cooperativa. “Non potevate assegnare direttamente alla seconda in gara il servizio a giugno, quando è scattata l'interdittiva, o ancora meglio assumere direttamente il servizio, come facevate per la mensa di via de Lollis fino a tre anni fa?” Hanno detto gli studenti, che scrivono sul volantino: “L'esternalizzazione del servizio mensa ha permesso che la riapertura dipendesse dalle vicende giudiziarie di una cooperativa (che nel frattempo ha lasciato a casa senza stipendio i lavoratori), piuttosto che dalla reale necessità di un pasto per centinaia di studenti e studentesse”.

Anche questo ritardo è quindi da mettere in conto al sistema degli appalti, assieme alla precarietà dei lavoratori coinvolti e ad un servizio subordinato più al profitto privato che a criteri di qualità ed efficienza. In un post che hanno scritto sullo stato dell'Università in cui studiano (che ripubblichiamo qui), gli studenti spiegano “a cosa serve appaltare i servizi che l'Università potrebbe svolgere direttamente: regalare soldi ad aziende esterne che non aggiungono nessun miglioramento al servizio, anzi lo peggiorano risparmiando sui materiali e i lavoratori da assumere. La battaglia per l'internalizzazione, cioè l'assunzione diretta, dei lavoratori è un obiettivo sia di questi ultimi – per avere pagamenti puntuali, meno lavoro, indumenti e strumenti adeguati – sia di noi studenti. Questo per due ragioni: un migliore servizio e un risparmio di soldi da parte dell'Università. Questi soldi devono essere impiegati per cose come: ampliare i servizi, migliorare i laboratori, tenere aperte di più le biblioteche, diminuire le tasse.
La battaglia è solo all'inizio.

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