Sciopero metalmeccanici: a che punto è il rinnovo del CCNL?

Per domani, 20 aprile, FIOM-FIM-UILM hanno indetto 4 ore di sciopero in tutto il settore metalmeccanico contro lo stallo a cui sono arrivate le trattative per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di categoria.

Una trattativa che prosegue da mesi senza che si siano fatti significativi passi avanti sul tema più scottante, nonché unica vera distanza tra le piattaforme di padroni e sindacati: il salario.

Quello del 2015 è stato un anno denso di rinnovi contrattuali caratterizzati da un violento attacco padronale a retribuzioni, orari e diritto di sciopero. In questo scenario a fine anno cominciano le trattative per rinnovare il contratto dei metalmeccanici, uno dei più rilevanti sia quantitativamente che politicamente, nonostante non riguardi più la FCA che Marchionne ha portato fuori da Confindustria.
A sorpresa a proporre la prima piattaforma non sono stati i sindacati, ma i rappresentanti dei padroni: la Federmeccanica. La loro proposta mira ad un “rinnovamento” (parole loro) che faccia del contratto nazionale uno strumento depotenziato atto e garantire solo la esigibilità di ciò che viene firmato (attraverso la limitazione al diritto di sciopero), con aumenti inesistenti e tutti gli aspetti di salario e organizzazione del lavoro demandati alla contrattazione di secondo livello.

Alla prima richiesta di FEDERMECCANICA, che pretendeva 75 euro indietro come rimborso per una inflazione reale inferiore a quella attesa, i sindacati hanno risposto con le loro piattaforme non troppo lontane dalle richieste padronali su molti punti, ma distanti sul tema del salario che pare essere l’unico problema. La FIOM ha proposto un salario minimo di garanzia, mentre FEDERMECCANICA insiste per riconoscere aumenti solo a chi  gode unicamente della paga minima (meno del 5% dei lavoratori del settore); per tutti gli altri non ci sarà niente. Nonostante questa enorme distanza su un tema centrale quale quello del salario, a gennaio i sindacati decidono di andare alle discussioni “in ristretta” costruendo tavoli sui singoli temi: welfare; formazione; retribuzione, inquadramento, partecipazione e regole; organizzazione del lavoro, politiche del lavoro e orario. Un modo per dire che il quadro generale proposto da FEDERMECCANICA viene di fatto accettato, ora si tratta solo di discutere dei singoli temi.

Nei fatti aziende e sindacati concordano completamente su molti pesanti aspetti:
esigibilità degli accordi che significa divieto alle RSU di indire scioperi contro accordi firmati;
flessibilità e abbassamento dei costi per le aziende;
– utilizzo dello straordinario come banca ore per riduzioni di orario negli ultimi anni prima della pensione (cioè spremiamo i lavoratori quando sono nel pieno delle forze senza pagare straordinari!);
– sviluppo della sanità integrativa aziendale, rinunciando alla difesa della sanità pubblica.

A dividere rimane un ultimo vero scoglio: quello del salario. Da allora tre mesi sono passati ma non si sono fatti sostanziali passi avanti. Da un lato Federmeccanica rimane bloccata sulla sua proposta – aumenti miseri solo per chi ha unicamente la paga base –, dall’altro i sindacati, che sarebbero anche disponibili a demandare gran parte degli aumenti alla contrattazione di secondo livello legandola ad aumenti di produttività e presenza, spingono per portare a casa almeno un piccolo aumento per tutti. E’ così che i confederali chiamano questa mezza giornata di sciopero, perché proprio sul tema del salario non possono cedere, almeno non in maniera così palese.

Uno sciopero che auspichiamo riesca, ma che pare molto debole. Debole in una trattativa tutta giocata in difesa e nemmeno così strenua, con una FIOM il cui principale obiettivo sembra essere quello di tornare a siglare ad ogni costo un contratto unitario con FIM e UILM. Una ritrovata unità sindacale che però non giova affatto ai lavoratori perché il baricentro di questa unione si è spostato decisamente verso le posizioni di FIM e UILM, e quindi delle aziende, con la FIOM che ha già accettato tutte le richieste che negli anni scorsi l’avevano spinta a non firmare gli accordi unitari. Oggi sembra che la stagione degli accordi separati sia finita, come finita sembra la spinta conflittuale di una FIOM che sta facendo di tutto per rientrare ai tavoli dei metalmeccanici e della FCA in particolare. Non a caso nell’ultimo mese ha fatto decadere dalle loro cariche (RSA, RSU, ecc…), dichiarandoli “incompatibili”, alcuni delegati di Melfi, Termoli e Atessa rei di aver costruito un coordinamento con delegati di altre sigle sindacali: in realtà la vera “colpa” della quale si sarebbero macchiati questi lavoratori è quella di aver organizzato, contro il parere della dirigenza sindacale, alcuni scioperi contro gli straordinari imposti da FCA.
Non solo: due settimane fa di punto in bianco a Sergio Bellavita, esponente dell’area di opposizione SindacatoUnAltraCosa, è stato revocato il distacco sindacale con conseguente ritorno in fabbrica e trasloco di città. Una evidente punizione contro uno dei più attivi sostenitori degli “incompatibili” e un avviso a tutti che non si può mettere in discussione la linea imposta dai vertici.

Insomma mentre su un tavolo si tratta per rinnovare un contratto collettivo da una posizione di debolezza, accettando di fatto tutte le richieste padronali (chiedendo solo di non sbracare troppo sul salario) pur di firmare un accordo comune, dall’altra si ostacola chi sta lottando in prima linea contro quel famigerato modello Marchionne che, anche attraverso questa tornata di rinnovi contrattuali, si sta estendendo a tutto il paese. Chi a partire da una situazione di isolamento e repressione è riuscito a strappare piano piano consenso e a romprere il muro della paura. La riuscita degli scioperi contro i sabati lavorativi alla FCA – adesione 80% ! –, che hanno costretto l’azienda a cancellarne diversi, è un segnale importante che un altro modo di lottare è possibile.  


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