Telecomunicazioni: voci dallo sciopero del 1 febbraio

Con un po’ di ritardo rispetto all'importante giorno di sciopero di Mercoledì 1 Febbraio, continuiamo a parlare della lotta del settore delle comunicazioni. Ne parliamo perché su questo fronte si è scatenato ultimamente un clamoroso accanimento padronale: non solo la vicenda Almaviva, di cui abbiamo parlato abbondantemente, ma anche quella Telecom, in cui l’azienda ha disdetto di punto in bianco tutta la contrattazione di secondo livello.

Vertenze che sono diventate paradigmatiche di una modalità ricattatoria con cui i padroni impongono i propri interessi. Con la consapevolezza, da parte loro, che partendo da queste basi, le vertenze non possano che finire male per i lavoratori…

Questo ricatto, quello per cui l’alternativa è tra l’essere più “produttivi” e meno “costosi” o il diventare “esuberi” – che poi tradotti significa esser servi oppure disoccupati – attraversa come uno spettro l’intera contrattazione nazionale. Perché ASSTEL, l’associazione datoriale, vuole per contratto quello che le sue punte più spietate e avanzate hanno già preteso all'interno delle proprie aziende: salario dipendente dalla produttività, maggiore flessibilità oraria, controllo a distanza.

Di fronte a queste pretese neanche i sindacati Confederali hanno potuto stare zitti. Per questo mercoledì hanno chiamato a un altro sciopero del settore e manifestazioni si sono tenute in molti capoluoghi di provincia. Cortei si sono svolti a Milano, Bologna, Napoli e Padova (più avanti il nostro report) mentre a Roma i lavoratori sono stati bloccati in piazza della Repubblica a causa dei divieti prefettizi a manifestare durante la settimana. Nella capitale buona parte dei lavoratori presenti avrebbero voluto sfilare fino alla sede dell'ASSTEL, poco distante, ma la polizia gliel'ha impedito chiudendo la piazza e minacciando di caricare.

Fino a quel momento si era svolto il comizio dei rappresentanti confederali, tenuto rigidamente sotto il loro controllo. Una rappresentante dei licenziati Almaviva del Comitato 1666 ex Almaviva è riuscita a parlare solo dopo numerose proteste e guardata a vista da un dirigente del sindacato (il suo discorso nel video). Anche i lavoratori del CLAT (gli autoconvocati delle telecomunicazioni, presenti soprattutto quelli Tim) non sono intervenuti, ed abbiamo saputo successivamente che anche a loro è stato proibito di parlare. Queste scene dimostrano tutte le loro ambiguità, la loro incapacità di rafforzare e rilanciare gli animi più disponibili alla lotta. E soprattutto il modo ossessivo in cui tentano di far rientrare tutto dentro i loro patetici binari.
Non ci aspettavamo molto di più da chi ha permesso che la vertenza Almaviva finisse nel vicolo cieco in cui si è infilata. Da chi ha abbandonato migliaia di lavoratori al gioco al massacro delle esternalizzazioni selvagge. Quello che ci colpisce ed entusiasma sono però i segnali di un ritrovato protagonismo tra tanti lavoratori: parliamo del CLAT - Collettivo Lavoratori Autoconvocati Telecomunicazioni​, del Comitato 1666 ex Almaviva​ e del tentativo, supportato dai Cobas Telecomunicazioni​, di strappare un corteo per non far esaurire il tutto nel solito presidio rituale. La polizia non ne ha voluto sapere, con le sue 20 (vi giuriamo, venti!) camionette che hanno blindato la piazza.

Padova. Anche in Veneto il settore delle telecomunicazioni raccoglie molte figure: dai dipendenti dei call center ai tecnici che portano le linee adsl nelle case e nelle aziende, dipendenti di Tim, Vodafone, Wind, Fastweb, Sielte... Un settore consistente che formalmente esiste solo da pochi anni, da quando cioè tra privatizzazioni, crescita degli appalti e trasformazione tecnologica il mercato delle telecomunicazioni si è espanso ed anche frammentato. Lo sciopero che ha visto una buona adesione si è materializzato nelle strade di Padova con un corteo regionale che dalla stazione ha percorso il breve tragitto fino a piazza Garibaldi: un percorso breve ma che ha bloccato per quasi due ore la circolazione del tram e si è fatto sentire con i tamburi che formavano la prima fila e fischietti sparsi fra i 500 tra lavoratrici e lavoratori che componevano il corteo. C'erano in piazza due generazioni molto differenti divise da più di trent'anni di vita e di trasformazioni del mercato del lavoro: c'era chi, anche negli appalti, si era sempre considerato un metalmeccanico (e così era anche inquadrato) e ancora rivendica la forza operaia con cui si mettevano in atto gli scioperi qualche decennio fa, ma c'erano tanti giovani lavoratori qualificati entrati negli ultimi anni nelle aziende che installano in appalto per i grossi provider le linee telefoniche e internet. I nuovi assunti passano attraverso il sistema delle agenzie interinali con contratti a tempo determinato rinnovati più volte anche fino a 4 anni di seguito (chiaramente con qualche breve interruzione per aggirare il limite dei 36 mesi), ma nonostante questa situazione di maggiore incertezza lavorativa erano ben presenti in piazza anche grazie alla sicurezza data dalla massiccia sindacalizzazione dei colleghi di più vecchia assunzione.
La manifestazione, in cui ci è capitato di parlare anche delle lotte dei lavoratori di Almaviva di Roma, era concentrata sulla questione del rinnovo del contratto collettivo nazionale scaduto, ma c'era anche chi metteva in luce il ruolo della politica nazionale dal governo al parlamento contro lavoratrici e lavoratori. Il Jobs Act, i voucher, la mediazione sempre al ribasso delle istituzioni nei tavoli di trattativa sono un problema chiaro anche per i lavoratori delle telecomunicazioni.

In tutta Italia il settore è in subbuglio, ed ai lavoratori lo sciopero di 8 ore di una settimana fa non sembra sufficiente. I lavoratori Tim hanno già rilanciato: ed il Clat, con il sostegno dei sindacati di base, ha indetto una manifestazione nazionale per sabato 25 febbraio a Roma. Questa volta senza sindacati confederali.

Rete Camere Popolari del Lavoro