[Milano] Direct Line: il sindacato (era) complice, ma l'accordo a svendere questa volta non passa!

Ripubblichiamo il contributo dei lavoratori Direct Line sulle ultime vicende sindacali dell'azienda (Direct Line, assicurazioni auto, circa 700 dipendenti, unica sede Cologno Monzese).

Vi inoltro un aggiornamento delle ultime vicende sindacali dell'azienda dove lavoro (Direct Line, assicurazioni auto, circa 700 dipendenti, unica sede Cologno Monzese). Al termine dell’articolo inserisco qualche spunto per la discussione, che possa servire ai compagni a proposito dell’intervento politico e sindacale nei luoghi di lavoro.

Per la giornata di lunedì 12 giugno, azienda e sindacato avevano organizzato un referendum tra i lavoratori del Contact Center su 2 accordi a svendere definiti in sede di tavolo di trattativa, il primo su di un NUOVO SCHEMA PROVVIGIONALE (fortemente individualizzato e improntato alla più spietata competizione tra lavoratori) il secondo avente per oggetto una NUOVA PROCEDURA PER IL CONTROLLO A DISTANZA (tramite un software che avrebbe permesso all'azienda di monitorare ogni singolo aspetto dall'attività lavorativa di ogni singolo dipendente).

Insieme ad altri colleghi/colleghe abbiamo quindi organizzato l'opposizione all'ennesimo attacco padronale, per respingerlo al mittente e denunciare la ormai completa sudditanza all'azienda di un sindacato (CGIL e FNA, quest'ultimo un sindacato corporativo presente solo nel nostro settore) divenuto ormai un semplice "ratificatore" dei diktat aziendali.

Dopo le 4 assemblee con i vari reparti, nelle quali siamo intervenuti a gamba tesa spiegando le ragioni dell'opposizione all'ennesima schifezza, I LAVORATORI SI SONO ESPRESSI, RESPINGENDO IN TUTTO E PER TUTTO GLI ACCORDI (90% di "NO” su entrambi i "quesiti) disconoscendo l'operato delle RSA e obbligando quindi l'azienda a tornare sui suoi passi.

Niente male.

Sempre nella giornata di lunedì 12 giugno, per un "semplice caso fortuito", hanno avuto luogo anche le assemblee per l'elezione dei NUOVI DELEGATI CGIL, alle quali ci siamo presentati (io e due colleghe) con la nostra candidatura e un documento politico programmatico (per chi fosse interessato, in calce all’articolo). Avrebbero dovuto esserci più liste a concorrere per la RSA, ma i vecchi delegati (ormai manifestamente delegittimati tra i lavoratori), hanno voluto evitare di arrivare allo "scontro" con noi, dato che ne sarebbero usciti con le ossa ancora più rotte.

Ovviamente l'azienda sperava di far passare i due accordi di cui sopra prima dell'insediamento dei nuovi delegati nell'organizzazione sindacale principale e maggiormente rappresentativa della nostra azienda (la somma degli iscritti delle altre 3 sigle non raggiunge nemmeno il numero di iscritti della sola CGIL) Il passaggio di consegne, e la votazione per i nuovi delegati, è stata quindi soltanto una mera formalità.

 

BREVE NOTA SUL LAVORO POLITICO IN DIRECT LINE

“Ma noi […] conduciamo la lotta contro i capi opportunisti e socialsciovinisti per attrarre dalla nostra parte la classe operaia. Dimenticare questa verità elementarissima ed evidentissima, sarebbe stolto. E una stoltezza simile commettono appunto i comunisti tedeschi “di sinistra”, i quali dal carattere reazionario e contro-rivoluzionario delle alte sfere dei sindacati traggono la conclusione che … bisogna uscire dai sindacati!! Rinunciare al lavoro nel loro seno!! Creare forme nuove, bellamente escogitate dell’organizzazione operaia!! E’ una sciocchezza imperdonabile, e sarebbe il maggior servizio che i comunisti possono rendere alla borghesia. [… ] Non lavorare in seno ai sindacati reazionari, significa abbandonare le masse operaie arretrate o non abbastanza sviluppate all’influenza dei capi reazionari, degli agenti della borghesia, dell’aristocrazia operaia, ossia degli operai imborghesiti”.

Cito direttamente Lenin, dal “L’estremismo”, scritto ormai 97 anni or sono, perché reputo questo principio valido ancora oggi e sostanzialmente corretto.

Alla vigilia della dichiarazione degli esuberi in Direct Line esattamente un anno fa (10 giugno 2016), mai avremmo pensato che in così poco tempo un piccolo gruppo di lavoratori potesse riuscire a delegittimare tutta la delegazione sindacale in carica, sino a sostituirsi a quella della sigla maggiormente rappresentativa (la Fisac/CGIL). I mezzi a nostra disposizione erano davvero modesti, a confronto di quelli della controparte: non essendo delegati, non potevamo certo chiamare le assemblee, usufruire dei permessi sindacali, sederci ai tavoli, condurre le trattative, disporre della mail aziendale per informare tutti i lavoratori; tutte strumenti che la controparte, (il sindacato sostenuto dall’azienda) in tutti i modi ha cercato di utilizzare per demoralizzare i lavoratori e fare loro accettare qualunque “accordo”.

Non voglio con questo affermare, tuttavia, che quanto fatto nella nostra azienda debba valere sempre, in qualsiasi situazione. Nel nostro caso, infatti, abbiamo scelto di restare in CGIL, in quanto la sigla conteneva, a giugno 2016 e prima degli esuberi, circa 200 iscritti. Il suo “peso specifico” era quindi preponderante. L’altra possibilità che avevamo, nel breve termine molto più semplice da perseguire, era quella di introdurre accanto ai sindacati confederali una delle tante sigle del sindacalismo di base. Lo abbiamo anche preso in considerazione. Ma purtroppo, se l’avessimo fatto, saremmo ora ridotti all’impotenza, con pochissimi lavoratori al seguito e senza la possibilità di condurre trattative in quanto non firmatari del CCNL di categoria. Ripeto: ciò che è valso nel nostro caso non è la regola, sicuramente in altre situazioni i ragionamenti possono, e devono, essere differenti. Ma l’analisi concreta della situazione concreta ci ha portato, nel giro di 1 anno, a prendere la direzione della RSA di questa sigla.

Il lavoro compiuto è stato organizzato in maniera “scientifica”: dai volantinaggi, agli interventi organizzati e preparati per spiegare ai lavoratori la nostra posizione, e definire una strategia sindacale con precisi obiettivi, fino al referendum su questi due ultimi accordi a svendere che ha sancito l’egemonia della nostra posizione su tutto il reparto del Contact Center (circa metà azienda … sull’altra metà, gli amministrativi, crediamo ci sia ancora molto da lavorare).

A questo punto siamo solo all’inizio. Smarcato e risolto il “problema” di un sindacato sdraiato su posizioni filo-aziendali, possiamo iniziare a ragionare insieme ai lavoratori, finalmente, su come risalire. Il contesto non sarà semplice. Gli accordi definiti e ratificati tramite il referendum di dicembre 2016 (il “nuovo Contratto Integrativo Aziendale”) pesano come macigni. La “fungibilità”, accordata alle aziende del settore in sede di contrattazione nazionale, determina per forza di cose un peggioramento delle condizioni e del salario di molti lavoratori. Rimanendo poi entro l’ambito della nostra azienda, l’introduzione a gennaio 2017 di un call center esterno determina ulteriori problemi: oltre alla competizione al ribasso tra lavoratori di una stessa mansione, in caso di mobilitazioni esso depotenzierà verosimilmente la lotta. Il contesto non è quindi dei più facili, ma come abbiamo fatto sino ad ora, ci proveremo comunque, con coraggio e costanza.

Come dicevo, siamo soltanto all’inizio, e pertanto, seguiranno aggiornamenti.
Grazie compagni per “ospitare” questo contributo, spero possa servire allo sviluppo di un dibattito sulla questione.

Paolo

 

RICONQUISTARE DIRITTI, RIPARTIRE DAL SINDACATO!

La decisione di presentare questa lista, con il contenuto che andremo ad esporre, affonda le sue radici nel dibattito e nel confronto sviluppato nell’ultimo anno tra le lavoratrici e i lavoratori della nostra azienda.

Dalla lotta contro i 200 esuberi, fino al referendum sul Cia, siamo stati promotori di una campagna di opposizione ad un processo prospettato come inevitabile, e che abbiamo ritenuto e pensiamo sia ancora possibile contrastare. Molti i colleghi che ci hanno sostenuto, e il risultato del referendum, che ha visto approvato di misura un accordo comunque già siglato (45% di “NO”), ce ne ha dato ulteriore conferma. Posto al vaglio dei lavoratori in un clima di demoralizzazione e ricatto, il nostro nuovo Cia, su alcuni istituti, è stato l’anticamera per il rinnovo del CCNL Ania che, questa volta, e a grande maggioranza, i lavoratori della nostra azienda hanno respinto.

Intendiamo fornire, con questo documento, una descrizione del quadro generale in cui ci troviamo, e andare poi a definire la nostra proposta concreta che, nei suoi punti specifici, dovrà essere approfondita e sviluppata dalle nuove RSA insieme a tutti i lavoratori.

 

IL CONTESTO

La ristrutturazione iniziata a giugno 2016 è ancora ben lungi dall’essere terminata: la progressiva e continua riduzione del nostro salario e dei nostri diritti prosegue senza sosta.

Attacchi eclatanti, come la dichiarazione di 200 esuberi, la disdetta del vecchio Cia, e la ratifica di quello nuovo, si alternano a periodi in cui l’azienda mette in discussione ogni aspetto delle nostre condizioni lavorative, praticando un vero e proprio stillicidio quotidiano, con carichi di lavoro sempre maggiori, controlli serrati, ferie e permessi negati, contestazioni disciplinari, in un quadro complessivo all’interno del quale esternalizzazioni e modifiche nell’attività lavorativa fanno il paio con la riduzione dei nostri stipendi.

La misura e la gravità di quanto sta avvenendo oggi in Direct Line si possono cogliere anche nelle comunicazioni aziendali degli ultimi mesi: non solo si va a delineare con chiarezza cosa implica la tanto sbandierata “riduzione dei costi” per i lavoratori, ma in modo sempre più eclatante l’azienda sta imponendo la sua politica attraverso un’azione di fatto unilaterale. Dal controllo a distanza, allo schema provvigionale, ai ritmi di lavoro, il nuovo modello di relazioni industriali prevede, secondo i piani, un sindacato sempre più relegato al ruolo di mero “ratificatore” di accordi, per i quali, nella sostanza, l’azienda non è disposta a concedere contrattazione di sorta.

Siamo arrivati addirittura a considerare il CCNL ed i suoi istituti economici (vedi la dichiarazione sugli arretrati dovuti ai lavoratori, maldestramente corretta in seguito) come un semplice atto di magnanimità della dirigenza, che non si considera nemmeno vincolata ad ottemperare a quanto previsto dalla contrattazione nazionale.

 

LA NOSTRA PROPOSTA

Crediamo che, arrivati a questo punto, sia necessario definire due piani di azione sindacale.

Parallelamente si dovrà ristabilire un contesto di fiducia e sicurezza dei lavoratori nel confronto col sindacato, a partire dal coinvolgimento e dalla partecipazione di tutti. E’ assolutamente necessario uscire dalla logica della delega passiva: senza il sostegno dei lavoratori i rappresentanti sindacali non hanno alcun potere contrattuale.

Le proposte e le rivendicazioni che si portano all’azienda devono essere pertanto condivise passo dopo passo, e il mandato dei lavoratori, in tal senso, diventa imprescindibile e vincolante. Un cambio di rotta si impone quindi nella conduzione delle trattative, proprio a partire dallo scambio di informazioni continuo con i delegati, primo presupposto per la forza di una delegazione al tavolo delle trattative. Non può esservi riservatezza alcuna su questo punto.

Altro aspetto fondamentale, per una delegazione che si ponga sempre a tutela degli interessi dei lavoratori, è quello di considerare l’eventualità, su temi di rilievo, che si debba ricorrere allo strumento della mobilitazione per sbloccare situazioni critiche. E’ stato inaccettabile gettare alle ortiche il vecchio Cia senza nemmeno che ai lavoratori venisse chiesto cosa volessero fare per difenderlo. Per il futuro, non si può continuare a considerare ogni lotta come persa a priori. Occorre rilanciare un sindacato che si ponga degli obiettivi, e con coraggio e determinazione proponga strategie in questa direzione.

Sappiamo che il percorso sarà difficile ed in salita, ma non vediamo, ad oggi, alternative.

Come da manuale, la controparte ha utilizzato in questi mesi tutte le armi a sua disposizione: dal ricatto occupazionale, minaccia costante quanto effimera, ai bilanci in perdita, tanto sbandierati quanto poco sostenuti sino ad ora da un chiaro piano industriale. Tuttavia, sappiamo con certezza quello che attiene e concerne la nostra attività lavorativa: carichi e ritmi di lavoro che aumentano per tutti, richieste esplicite, in ogni reparto, di fare sempre di più a costi inferiori, concetto efficacemente sintetizzato dalle dichiarazioni dell’amministratore delegato: “fare di più con meno”.

La risposta dev’essere una soltanto: vera, falsa, o presunta, la crisi in Direct Line non può e non deve essere pagata dalle lavoratrici e dai lavoratori. Questo è il punto cardine della nostra proposta.

Candidati alla RSA FISAC in Direct Line
Giampaolo Plona, Rosanna Mancini, Samira Giulitti

 

Se qualcuno volesse approfondire ulteriormente fatti e misfatti della vertenza e delle mobilitazioni dell'ultimo anno in Direct Line trova tutto qui:

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