[Mantova] Duro scontro allo stabilimento Belleli tra la nuova proprietà di Tosto e i lavoratori

Stabilimento Belleli di Mantova. Nella storica fabbrica che produce reattori e scambiatori di calore per le industrie chimiche ed energetiche di tutto il mondo, si sta consumando un duro scontro tra proprietà e lavoratori. Da una parte il gruppo Walter Tosto di Chieti, che ha acquistato lo stabilimento nell’agosto 2016, dall’altra i quasi trecento lavoratori tra operai metalmeccanici e impiegati guidati da una combattiva e preparata RSU a trazione FIOM e dal segretario provinciale Mauro Mantovanelli.



Fin dal principio i rapporti sono stati tesi: i termini dell’operazione di cessione e il piano industriale dovevano essere presentati ai lavoratori e alle istituzioni locali in un incontro al ministero, incontro al quale Tosto non ha mai voluto partecipare. Si è poi proseguito con il sistematico rifiuto da parte dei dirigenti di incontrare le RSU per discutere dei carichi di lavoro, della prevenzione infortuni, etc. Al loro posto l’azienda ha indetto assemblee per “parlare direttamente con i lavoratori”, con i capi che giravano per la fabbrica dicendo che era obbligatorio partecipare. Senza contare un aspetto inquietante: Tosto ha fatto filmare le assemblee dei lavoratori. Si può facilmente immaginare con quale serenità un dipendente possa dire la sua sapendo di essere ripreso da un telefonino per conto del proprio capo.

Gli attacchi hanno riguardato anche le materiali condizioni di lavoro: dalla fornitura di tute scadenti che prendono fuoco con le scintille della saldatura fino ad arrivare alla decisione, con soli 10 giorni di anticipo e senza alcuna consultazione sindacale, di dividere in due tranche il premio feriale che da 36 anni viene corrisposto per intero a luglio agli operai. Una decisione che oltre a preoccupare i lavoratori (un caso analogo avvenne solo con l'azienda in crisi di liquidità) li ha messi anche in difficoltà, visto che molti contano su quell'istituto contrattuale per pagare mutui, tasse universitarie dei figli, ferie, etc. I dirigenti si sono rifiutati di dare spiegazioni ufficiali. A distanza di pochi giorni la beffa: i lavoratori scoprono che gli stessi dirigenti hanno deciso di sponsorizzare la locale squadra di basket. Una mossa unicamente mediatica dettata dalla volontà di recuperare un po' d'immagine alla quale i lavoratori hanno risposto con il blocco della produzione. E ancora, i saldatori e i carpentieri che venivano mandati in trasferta nello stabilimento di Chieti erano costretti a dormire nel dormitorio della fabbrica, un edificio che definire fatiscente è davvero poco. I saldatori si portavano le mascherine da Mantova perché quelle in dotazione a Chieti non avevano il dispositivo di filtraggio. E gli orari? Agli operai è stato chiesto di lavorare sette giorni di fila.

Questa serie di provocazioni ha avuto un salto di qualità a inizio giugno con l’improvviso licenziamento in tronco di un operaio gravemente malato (con tanto di certificati e referti medici) che ha fatto scattare immediatamente lo sciopero ad oltranza e il blocco totale della produzione. Da segnalare che la comunicazione del licenziamento è avvenuta in mensa durante la pausa pranzo e la sua esecuzione è stata immediata: l’operaio licenziato è stato letteralmente messo al cancello, dove ha dovuto attendere il fine turno del fratello per tornare a casa perché sprovvisto di un’auto propria. I dirigenti, durante una discussione con le RSU e il segretario provinciale FIOM (con presente anche agenti della Digos) hanno affermato senza problemi che si è trattata di un’azione intimidatoria per dare una lezione agli operai, a detta loro “troppo assenteisti”, affermazione smentita dai fatti. Durante i 4 giorni di sciopero portati avanti compattamente da tutti i lavoratori non sono inoltre mancate le provocazioni come  il rifiuto di concedere l’utilizzo della sala assemblee (nonostante l’assenso dato mezz’ora prima dai dirigenti, anche qui con la presenza della Digos) e il “sequestro” per alcune ore delle auto dei dipendenti dentro al parcheggio aziendale, che ha impedito addirittura ad un lavoratore in sciopero di utilizzare la propria auto per raggiungere all’ospedale la moglie incinta.
Dopo questo episodio, la proprietà ha avviato un attacco sistematico contro i rappresentanti dei lavoratori. Prima ha inflitto tre giorni di sospensione ad un membro dell’RSU come rappresaglia per gli scioperi di inizio giugno, “colpevole” di aver utilizzato un petardo durante i presidi fuori dai cancelli, poi altri due giorni di sospensione ad un Responsabile della Sicurezza (RLS) come ritorsione per aver segnalato la possibile rottura di una piattaforma aerea (rottura che è poi puntualmente avvenuta, per fortuna senza conseguenze per i lavoratori). La motivazione formale dà l’idea della strumentalità di questo ultimo attacco: il lavoratore sarebbe “colpevole” di aver avvisato del pericolo imminente senza aver avvisato 24 ore prima l’abbandono della propria postazione di lavoro. Una vera follia.

È chiaro a tutti oramai che Walter Tosto ha avviato una feroce battaglia antisindacale con l’obbiettivo di dividere i lavoratori e neutralizzarne la capacità di organizzazione. All’interno della Belleli vi è infatti una tradizione quarantennale di forte coesione e capacità reattiva degli operai, che nell’arco dei decenni hanno saputo affrontare diverse crisi di produzione e cambi di proprietà. I lavoratori hanno finora risposto colpo su colpo agli attacchi ricevuti dalla proprietà, molto timide e insufficienti sono state per ora le azioni da parte delle istituzioni locali.

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