[Torino] La "Fondazione Torino Musei" licenzia. La sindaca Appendino tace

Anche sotto Natale non si fermano le cattive notizie. La scorsa settimana la “Fondazione Torino Musei” ha comunicato l'improvvisa chiusura dei servizi relativi a Borgo Medievale, Biblioteca d’Arte, Archivio Fotografico e Museo Diffuso della Resistenza.
Questa decisione, giustificata con l’esigenza di evitare la liquidazione che avrebbe messo a rischio tutti i 170 dipendenti, si traduce in una procedura di licenziamento collettivo per 28 lavoratrici e lavoratori che potrebbe scattare già da fine dicembre.

La fondazione, nella persona del suo presidente Maurizio Cibrario, ha annunciato la decisione a mezzo stampa, senza nemmeno consultare i sindacati per aprire una trattativa e con appena due settimane di preavviso sui licenziamenti.

Ma le responsabilità sono anche del Comune, che ha avallato la decisione vista la presenza della sindaca all’ultimo CdA, e che ha pesanti responsabilità sulle cause del dissesto.
Nel 2017, infatti, la giunta ha imposto un taglio del finanziamento di 1.350.000 euro, ma il problema più grave sarebbe l’impossibilità di chiudere il bilancio del 2016 in forte rosso. Un problema che quindi è stato lasciato irrisolto per molto tempo: non a caso già nell’ultimo bilancio approvato, 2015, si annunciava che per ridurre i costi non si era provveduto a sostituire personale dimissionario, in maternità o aspettativa. Insomma una riduzione del turnover, a fronte di visite in aumento, che puntava a ridurre i costi aumentando i carichi di lavoro sui lavoratori. Una situazione che Fassino prima e Appendino poi non hanno voluto affrontare, portandoci alla situazione di crisi di questi giorni.
 
Tagli ai finanziamenti che suonano davvero strani per la tanto sbandierata “città della cultura e del turismo” che in realtà non è mai esistita se non nei vuoti proclami degli ultimi due sindaci. Quale città della cultura e del turismo riduce i fondi destinati proprio a quei settori? Questi tagli vengono poi scaricati dalla Fondazione sul livello più basso, quello dei lavoratori e delle lavoratrici. Così nella corsa al risparmio ci stanno i licenziamenti di personale qualificato e formato, magari tentando più avanti di sostituirlo con personale più precario e meno (o per nulla) pagato: dai volontari agli studenti in alternanza scuola-lavoro. D’altronde basta vedere la lunga vertenza della Reggia di Venaria, altro polo del turismo torinese dove per altro gli affari vanno molto bene, i cui lavoratori hanno dovuto subire il taglio del salario e il peggioramento delle condizioni di lavoro seguiti al cambio di contratto.

Visto che ci avviciniamo al periodo elettorale è cominciato lo scarica barile, così il Comune tenta di metterci una pezza promettendo di riassorbire 5 ex-dipendenti comunali (cosa che è tenuto a fare), più, forse, ad internalizzarne altri 5. Rimarrebbero 23 lavoratori per i quali si promettono soluzioni ad hoc, caso per caso: prepensionamenti, ricollocazione e altre diavolerie. Insomma la classica strategia di divisione del fronte dei lavoratori: comincio a piazzarne uno qua, l’altro là, così rimangono in pochi e magari alla fine pagheranno in 15.

Per combattere questa strategia è fondamentale mantenere l’unità di tutti i lavoratori e lavoratrici: non si possono accettare soluzioni personali finché non sarà garantito il futuro di tutti. Noi auspichiamo una soluzione che salvaguardi tutte le lavoratrici e che non può non passare per un nuovo piano di investimenti nella cultura, soprattutto se si vuole fare di questo, davvero, uno dei settori di rilancio della città di Torino.
Non è accettabile che un campo dichiarato strategico tanto a livello nazionale, quanto a livello locale, sia poi soggetto a tagli, sottofinanziamenti, mancati pagamenti e che il tutto si ripercuota in licenziamenti e condizioni di lavoro peggiori. Con la legge Franceschini si è limitato il diritto di sciopero perché non si voleva ledere l’interesse di turisti e visitatori e perciò i diritti del lavoro sono finti in secondo piano. Però poi non ci si fa problemi a chiudere musei sotto le festività con nemmeno due settimane di anticipo o a sbarrare gli ingressi della Reggia di Venaria quando c’è il g7. Insomma sembra che gli interessi da salvaguardare non siano tanto quelli dei turisti, e tanto meno quelli dei lavoratori, ma soltanto quelli di chi sulla cultura fa affari o di chi la usa per garantirsi un po’ di tornaconto elettorale.

Mentre la giunta comunale decide a che gioco giocare, intanto 28 famiglie non sanno se potranno festeggiare l’inizio del nuovo anno con un lavoro. A loro va tutto il nostro sostegno e supporto alle prossime iniziative che decideranno di mettere in campo a partire da uno sciopero che appare quanto mai necessario ed urgente e che deve coinvolgere tutti i lavoratori dei musei torinesi per far capire a Fondazione ed istituzioni che col futuro dei lavoratori non si scherza.

Rete Camere Popolari del Lavoro