[Este - PD] Picchetto dei lavoratori Santa Tecla

E' iniziata a suon di “sciopero!” la mattina del 15 Gennaio ad Este in provincia di Padova, per le operatrici e gli operatori socio sanitari della casa di riposo di proprietà della Fondazione Santa Tecla. Dalle cinque un presidio partecipato ha bloccato l'imbocco della strada che conduce alla Fondazione, così da costringere al rallentamento e poi alla sosta, le automobili dei colleghi che si apprestavan al timbro del cartellino. Il presidio è stato sorvegliato da un nutrito gruppo di carabinieri e da un paio di agenti della digos chiamati dalla direzione della fondazione; d'altra parte i lavoratori sono riusciti in questi mesi a raccogliere un'ampia solidarietà anche tra quanti non sono interessati dai licenziamenti oltre che dai lavoratori di altre aziende della zona. Sarà stata dura anche per quanti e quante sono entrati al lavoro credendo alle promesse aziendali, vedere tanta solidarietà fuori dai quei cancelli.

La maggioranza degli scioperanti sono donne con alle spalle decenni di lavoro di cura e con i segni del lavoro che ora le rende “inadeguate” perché troppo usurate, per questo le prime quarantacinque che la fondazione voleva licenziare sono le lavoratrici più colpite da problemi fisici causati anche dall'intensità del lavoro fatto negli anni, come ci racconta una lavoratrice nelle videointerviste. Si tratta di donne con un'età media di 50 anni da tempo nel mercato del lavoro e alle spalle una famiglia in cui sempre più spesso sono le uniche portatrici di reddito.

Grintose e determinate queste lavoratrici portano la loro protesta da mesi nelle piazze di Este, così come della vicina Padova. E nelle ultime settimane hanno iniziato a punzecchiare anche la vera proprietà della Fondazione Santa Tecla, cioè la Chiesa cattolica. In questo angolo di Italia le parole di Papa Francesco contro gli untuosi che fanno affari in nome di Dio sulla pelle di lavoratrici e lavoratori, non sembrano essere arrivate. E così i padroni in abito talare perseverano nel tentativo di liberarsi di un centinaio di operatori e operatrici per ridurre i costi. La chiamano esternalizzazione: licenziarne cento e assumerne altrettanti da qualche cooperativa dove salari e i diritti sono incerti. Un giochino che ormai i lavoratori conoscono bene dalle cooperative della logistica fino appunto a quelle del ciclo produttivo della cura. La cooperativa Cipres, che rileverà la gestione dei servizi assistenziali nella casa di riposo si è addirittura inventata le selezioni per scegliere il personale da assumere. E' troppo sperare in una telefonata del Santo padre direttamente alla direzione della Fondazione Santa Tecla?
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Tra i caffè, il freddo pungente l'attesa dell'alba, Santa Tecla ha visto cinque ore di presidio segnate da ironiche megafonate e una costante discussione fra lavoratrici e i solidali, tra cui figlie, figli, mariti, alcuni tra ospiti e parenti di altri assistiti oltre che i rappresentanti USB, e militanti. Una vera e propria socializzazione contraddistinta da rabbia e determinazione ma soprattutto dalla voglia di lottare per le proprie condizioni e di tutti i lavoratori presenti e futuri.

Il 14 gennaio i rappresentanti sindacali sono stati ricevuti, dopo molti mesi di silenzio, dalla Regione che si è impegnata a mediare con la fondazione per il ritiro dei 94 licenziamenti, ma non per questo le lavoratrici hanno deciso di concludere la giornata di lotta senza un “saluto” sotto la Regione Veneto a Venezia dove hanno costruito un presidio numeroso e combattivo.

La lotta proseguirà nei prossimi giorni con le lavoratrici decise a continuare fino al ritiro dei licenziamenti che dovrebbero scattare dal primo febbraio.

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