Sciopero e manifestazioni contro la "buonascuola"

Il 5 maggio 2015, i lavoratori del mondo della scuola, insegnanti in testa, hanno bloccato le lezioni in tutta Italia. Sono scesi in piazza in moltissime città e hanno portato con sé i propri studenti.

La forza di questo sciopero e delle manifestazioni che l'hanno accompagnato ha dimostrato che chi vive quotidianamente il sistema scolastico italiano non è disposto a subire passivamente l’ennesima riforma imposta dall’alto, e riconosce invece la portata distruttiva delle azioni di questo governo.

Ieri, tutto il Paese è stato costretto a riflettere sul proprio sistema d'istruzione e su quale sia la differenza tra la “buona scuola” ed una scuola buona. Le ragioni dello sciopero le conosciamo bene. Dopo anni di tagli ai fondi per l’istruzione, stravolgimenti della didattica in senso peggiorativo e progressiva aziendalizzazione di scuole e università, la “buona scuola” di Renzi e dei suoi tecnici costituisce un tentativo di affossare il sistema dell’istruzione pubblica degno dei suoi precedenti - persino più radicale di essi.

Quest’ennesima riforma, contrariamente a quanto vogliono farci credere le roboanti retoriche del governo, non risolve la gravosa situazione dei precari della scuola. Le assunzioni previste sono del tutto insufficienti, e le loro modalità assolutamente inaccettabili:
- Graduatorie provinciali e regionali per precari e insegnanti in mobilità;
- Incarichi di durata triennale;
- Completa facoltà di proporre, confermare e revocare gli incarichi attribuita ai dirigenti scolastici.

Si tratta di una vera e propria macchina della precarietà istituzionalizzata e “a vita”. Le assunzioni secondo questa modalità sono destinate a riguardare la totalità degli insegnanti, stabilendo per legge che la loro vita sarà precaria e sottomessa al giudizio insindacabile di un preside, o meglio: di un padrone.

Questo, unito al tirocinio obbligatorio per tutti gli studenti e agli ulteriori sgravi per le iscrizioni agli istituti paritari, ci restituisce la misura di un “provvedimento” in perfetto stile Jobs Act.

Di seguito, le voci di alcuni dei protagonisti di questa giornata di lotta.

A Napoli...

A Padova, un gruppo di insegnanti e genitori (comb)attivo da anni, il Comitato per la Scuola Pubblica, ha convocato una manifestazione regionale aperta a tutti coloro che non ritenevano di dover andare fino a Milano o a Roma per esprimere il proprio rifiuto nei confronti del disegno di legge presentato dal governo Renzi. Ai numerosi lavoratori, insegnanti e personale ATA, si è unito un consistente spezzone di studenti medi, studenti e ricercatori universitari, dando vita ad un corteo di circa 1500 persone.

Risultato sorprendente nella città di Firenze, dove lo sciopero unitario ha tenuto chiuso buona parte delle scuole e degli istituti del centro e della provincia. I dati parlano di adesioni intorno al 90%. Se i sindacati confederali e quelli di categoria hanno organizzato diversi pullman per permettere la partecipazione al corteo di Roma, la piazza fiorentina di San Marco -da sempre la piazza delle lotte studentesche-, era stata convocata dalla Rete dei Collettivi Fiorentini -realtà che riunisce i collettivi autorganizzati delle scuole superiori fiorentine- e dai Cobas Scuola. Nonostante lo sciopero sia caduto in un periodo che difficilmente vede protagonista la componente studentesca, martedì a Firenze erano oltre 2000 gli studenti e le studentesse fiorentine in corteo, a dimostrazione che la volontà di lottare e scendere in strada a fianco a personale ATA e docenti in lotta è presente e diffusa nei licei quanto negli istituti tecnici.

Il corteo era aperto infatti dai lavoratori del mondo della scuola, professori, maestri delle scuole d'infanzia, insegnanti precari, un migliaio circa, che senza mezzi termini chiedevano il ritiro immediato di tutto il pacchetto del DDL "Buona Scuola" e rilanciando l'urgenza di un decreto d'urgenza per l'assunzione dei precari entro settembre. OItre a studenti e lavoratori della scuola, in piazza pur senza essere coinvolti dallo sciopero nazionale, c'erano educatori, insegnanti e genitori del comitato "L'infanzia non si appalta", nato in questi mesi in città contro la vergognosa scelta del Comune di Firenze di svendere ai privati e cooperative la gestione del personale negli asili nidi e nelle scuole dell'infanzia, andando nella direzione di abbassare il costo del lavoro, con conseguente ricadute su un servizio essenziale come l'educazione in un età così delicata ed essenziale.

Da Firenze ecco le voci di due insegnanti dei Cobas:

Sempre da Firenze sentiamo la voce degli studenti e del comitato "L'infanzia non si appalta" da Radiazione.info

Respingiamo il disegno di legge del governo. La lotta continua!

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