[Torino] Dopo lo sciopero, prima assemblea dei lavoratori dell'accoglienza

Hanno rotto un tabù col primo sciopero nel settore dell'accoglienza a Torino lunedì 14 settembre. Sono i lavoratori e le lavoratrici dell'associazione “Terra del Fuoco” e della “Cooperativa Babel”.

Dopo aver vinto il bando emanato dalla Prefettura, l’associazione cede alla cooperativa, sua filiazione diretta, la gestione del servizio di accoglienza e inserimento dei richiedenti asilo. A partire da maggio, però, la cooperativa smette di versare gli stipendi, perché, a suo dire, la Prefettura pagherebbe in ritardo i 34.5 euro al giorno previsti per ogni rifugiato. “Terra del Fuoco” è l’associazione fondata da Michele Curto, capogruppo di SEL in consiglio comunale, che ben rappresenta la "Torino bene democratica e accogliente” che però sull’accoglienza fa soprattutto profitti. Dovevano evitare lo scandalo della cooperativa rossa che non paga i dipendenti, anche per paura di strumentalizzazioni della destra, puntualmente verificatesi con l’incursione allo sciopero di Maurizio Marrone (Fratelli d’Italia) che è però stato prontamente respinto dai lavoratori. Così l'associazione, preoccupata per lo scandalo che avrebbe potuto derivarne, prova a dividere i lavoratori, minacciando di lasciare a casa i più combattivi. La manovra non riesce perché i lavoratori rimangono compatti e, col sostegno della Cub, intraprendono una vertenza contro “Babel” e “Terra del Fuoco”. Così lunedì 14 settembre, dopo mesi di infruttuosi incontri con le dirigenze delle due organizzazioni, il 70% dei lavoratori decide di fermarsi per 8 ore.

Consci del fatto che questa situazione non fosse una loro esclusiva, ma riguardasse l’intero settore, decidono di lanciare un'assemblea aperta a tutti i lavoratori dell'accoglienza ed a chiunque fosse interessato alla questione. Così martedì 22 una quarantina di persone si è riunita alla "Cavallerizza occupata" per discutere e confrontarsi tanto sulle condizioni dei lavoratori, quanto più in generale sulla situazione in cui versa il settore dell’accoglienza: presenti lavoratori di diverse cooperative, volontari e solidali.
Subito emergono punti di contatto tra le situazioni dei lavoratori: se alla “Babel” non vengono pagati gli stipendi, a “Isola di Ariel” arrivano puntualmente, ma gli educatori sono costretti a lavorare 10/12 ore al giorno, causa insufficienza di personale.

A preoccupare i lavoratori non sono solo le loro condizioni di lavoro, ma anche il contenuto stesso del lavoro: l'assistenza che essi possono prestare ai rifugiati. Infatti la stessa litania che le cooperative usano per giustificare gli stipendi non pagati (“La Prefettura ci paga in ritardo”) viene usata a pretesto per il mancato versamento di quanto necessario per le attività di sostegno, formazione, inserimento sociale e lavorativo dei profughi. Il bando della Prefettura, infatti, risulta volutamente lacunoso e ambiguo, non stabilendo le specifiche attività che bisogna organizzare, né gli specifici livelli di servizio che occorre garantire. E soprattutto anche laddove siano stabiliti, nessuno si occupa di controllare che le cooperative organizzino effettivamente queste attività: capita così che a fronte di 10 ore settimanali di italiano, si assuma un insegnate per appena 3 ore.
Nel corso del dibattito lo scambio di informazioni tra i lavoratori porta alla luce anche un nuovo importante taglio: molte ASL stanno cominciando a recepire una direttiva regionale che nega la E92, l’esenzione sanitaria per i richiedenti asilo, oltre i 6 mesi. Evidentemente i 10 miliardi di tagli alla sanità imposti dal governo Renzi per i prossimi 3 anni cominciano a mostrare i loro effetti. Così Regioni e ASL per ora decidono di tagliare sugli ultimi, quelli che hanno meno voce. Molti tra i lavoratori individuano proprio in questa battaglia, una battaglia per la salute dei migranti ma anche dei lavoratori stessi con cui entrano in contatto, un primo possibile campo di conflitto per aggregare tutti i lavoratori dell’accoglienza (e i migranti, anche non rifugiati) della città e dei territori circostanti.  

I lavoratori esprimono la consapevolezza di come le cooperative sfruttino la particolarità del lavoro svolto che richiede un'enorme empatia con i migranti accompagnati nel loro percorso di inserimento. Gli educatori si sentono responsabili e stabiliscono legami molto forti con i profughi che li portano anche a lavorare 10/12 ore al giorno, magari senza ricevere lo stipendio, perché consapevoli di quanto il loro lavoro sia cruciale per la vita dei migranti.
Dal punto di vista delle condizioni di lavoro le cooperative cercano di ridurre al massimo il personale aumentando il numero dei rifugiati che ogni educatore deve seguire, assumendo personale non qualificato, eliminando tutte le attività (e quindi i loro costi) che dovrebbero permettere al migrante quanto meno la possibilità di avere un futuro in questa città: insomma trasformare un lavoro tipicamente sociale in un semplice servizio di vitto e alloggio.

Tutto ciò accade perché la Prefettura, che emette il bando e ne dovrebbe controllare il rispetto, non ha alcun interesse a garantire servizi che permettano davvero l'inserimento di questi migranti, ma ha l'unico interesse di tenerli buoni ed isolati per un po'. Un interesse condiviso da molte delle cooperative del settore che vedono nei migranti un’eccezionale fonte di profitto (“Mafia Capitale” ce l'ha insegnato: il vero affare è l'immigrato) e puntano così al maggior risparmio possibile. Quindi niente corsi di lingua, niente interpreti, niente assistenza sanitaria, nessun impegno ad insegnare un mestiere: solo un tetto e un po' di cibo. Evitando di organizzare tutte queste attività e tagliando su diritti, salario e numero dei lavoratori, i 35.5 euro al giorno che la Prefettura paga (pagherà) per ogni profugo diventano un grande affare per queste cooperative.

Ma i lavoratori sono determinati a non arrendersi di fronte a questa situazione. Un primo passo ci pare fatto con l’individuazione delle controparti: quelle cooperative che speculano sull’accoglienza, ma anche Regione e Prefettura. Questa prima assemblea si chiude con l'impegno e la volontà di contattare e coinvolgere i lavoratori di altre cooperative ed associazioni che si occupano di accoglienza, nonché di aprirsi a quanti in città siano interessati all'argomento nel tentativo di costruire un'assemblea, come già accade a Roma con ALA (Assemblea Lavoratori Accoglienza), per portare avanti questa lotta insieme, lavoratori e migranti, contro chi cerca di guadagnare sul loro lavoro e la loro vita.

Segue il comunicato che i lavoratori di "Terra del Fuoco" e "Babel" hanno scritto subito dopo lo sciopero del 14 settembre

In data 14 settembre, il 70 per cento delle lavoratori e lavoratrici dell'Associazione Terra del Fuoco e della Cooperativa Babel che lavorano nei progetti di accoglienza profughi, hanno scioperato dandosi appuntamento davanti alla sede del gruppo Abele, sede anche degli uffici della Cooperativa Babel, per rivendicare la correttezza del trattamento sia per i dipendenti sia per i profughi stessi. In questa occasione si è svolto l'ultimo di una lunga serie di incontri con la dirigenza delle due realtà che nuovamente non ha portato a soluzioni immediate. Consci che una parte delle problematiche sollevate sia causata dai costanti ritardi dei pagamenti da parte della Prefettura, autorità che dovrebbe garantire in primis un servizio dignitoso nei confronti dei profughi, i lavoratori e le lavoratrici presenti all'iniziativa di stamattina chiamano in assemblea martedì 22 settembre alle ore 20,30 presso la Cavallerizza Reale in via Verdi 9, tutti i lavoratori e le lavoratrici dell'accoglienza profughi che lavorano sul territorio in modo da poter avere un confronto sulle diverse modalità lavorative.
I lavoratori e le lavoratrici dell'Associazione Terra del Fuoco e della Cooperativa Babel che hanno scioperato oggi tengono inoltre a precisare che il consigliere comunale Marrone, presentatosi stamattina al sit in, e' stato prontamente allontanato in quanto non ben accetto. La solidarietà di chi usa i migranti e il razzismo per farsi campagna elettorale non é gradita, e le idee sue e del suo partito politico non sono condivise dai lavoratori e le lavoratrici di Terra del Fuoco e della Cooperativa Babel. Questi ultimi si dissociano da ogni manovra o strumentazione di tipo politico in quanto unicamente concentrati a lottare per i loro diritti e per quelli dei profughi e della loro integrazione sul territorio.

ASSEMBLEA AUTOCONVOCATA LAVORATORI TERRA DEL FUOCO – BABEL

Rete Camere Popolari del Lavoro