[Napoli] Linea Metro 6 : licenziamenti impossibili

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In Italia, si sa, licenziare è difficile. O almeno questo è quello che ci hanno raccontato per anni Confindustria e i suoi governi, giustificando la rottamazione dei diritti conquistati dai lavoratori di questo paese con dure lotte. Dal Pacchetto Treu alle Legge 30 per culminare con il Jobs Act, il lavoro si è fatto sempre più “flessibile”, come dimostra il crollo degli indici di protezione misurati dagli organismi internazionali. Eppure le imprese rimangono inflessibilmente attaccate alle proprie esigenze.

E così anche quando hai un contratto a tempo indeterminato ancora tutelato dall’articolo 18, con qualche adeguata manovra il padrone può mandarti di punto in bianco per strada. Anche se hai quasi sessant’anni, anche se i soldi l’azienda se li prende dagli enti pubblici. A garantirla sono i sistemi di appalti e subappalti con cui le responsabilità vengono oscurate, gli obblighi deviati e tutto eventualmente rimandato a tardive pronunce di costosi (per un lavoratore) tribunali.

È quello che rischia di succedere a 7 lavoratori della De Luca Costruzioni, azienda che ha in appalto parte della costruzione della Linea Metro 6 di Napoli. Una linea entrata in funzione per un breve periodo con una tratta troppo corta per poter essere conveniente e che ora si sta ampliando attraverso gli investimenti del Fondo Europeo per lo Sviluppo, della Regione e dello Stato. A gestire questi soldi e intascare i profitti è il colosso delle costruzioni Ansaldo, che a sua volta appalta i lavori ad un’associazione temporanea di imprese che ha a capo la De Luca. Che a sua volta, guarda un po’, subappalta parte dei lavori ad altre ditte, salvo poi lamentarsi che il lavoro non c’è e che i propri dipendenti sono “in esubero”. Con questa scusa ha infatti aperto la procedura di crisi a fine Dicembre, che in crisi rischia di mettere solo i suoi 40 e più lavoratori. Nonostante, poi, ci fosse tutto il tempo per valutare la situazione insieme alle aziende appaltanti (l'Ansaldo), le istituzioni e i sindacati, dato anche che i lavori del cantiere ufficialmente non finiranno prima di Giugno, l'azienda ha deciso di punto in bianco di licenziare 7 di loro. Forzando così sui tempi della stessa procedura di licenziamento collettivo e agendo ancor prima del tavolo previsto con il Comune e la Regione il 21 Gennaio. Per protestare, i sette licenziati Giovedì erano in presidio davanti al cantiere in cui lavoravano, con le bandiere dei sindacati con cui sono organizzati ma senza istituzioni a sostenerli o giornalisti a raccontare la loro storia.

Nel cantiere continuano a lavorare gli operai dei subappalti, aggirando diritti e norme a tutela dei lavoratori, attaccando spesso alle 6 del mattino, più di un’ora prima dei loro colleghi e finendo oltre le 19 e venendo ovviamente pagati meno dei loro ex-colleghi. Costi risparmiati dall’azienda che intanto continua a intascare soldi pubblici e su cui lucrano ulteriori padroncini di altre piccole ditte. E che si aggiungono ad altre situazioni inaccettabili, come il continuo ritardo nel pagamento degli stipendi, a volte anche di mesi e mesi. Lo sanno bene proprio gli attuali licenziati, che giusto un mese fa erano riusciti a farsi pagare sei degli otto mesi di arretrati dovuti. Chi sa che non sia stato anche per punirli di aver alzato la testa in questo modo che l’azienda li ha licenziati di punto in bianco…

In ogni caso questa è una situazione inaccettabile e purtroppo paradigmatica della libertà che hanno l’imprese di fare come vogliono sulla pelle dei lavoratori e sulle tasche di istituzioni pubbliche che sembrano lavarsene le mani. Noi invece pensiamo che proprio per questo la loro battaglia debba essere conosciuta e vada sostenuta, perché a diversi livelli e in diverse forme capita a ognuno di noi.

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