[Pomigliano - NA] Fiat, Monti e la proposta che non si può rifiutare

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Le vicende che negli ultimi giorni stanno riguardando la Fiat e il “padre padrone” Marchionne sono ormai su tutte le prime pagine dei giornali: La Fiat ha intenzione di mettere in mobilità nella fabbrica di Pomigliano, 19 lavoratori per “poter rispettare” l'ordinanza della Corte d'Appello di Roma (questa è la motivazione addotta dalla Fiat) che la obbliga a reintegrare in fabbrica i 19 operai Fiat Group Automobiles, iscritti alla Fiom, che hanno presentato ricorso per discriminazione.

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Nonostante una sentenza della magistratura preveda il reintegro dei 19 operai FIOM e condanni la Fiat e Marchionne per condotta anti-sindacale, l’azienda torinese procede quindi al ricatto spudorato, per provare a scatenare una vera e propria guerra tra operai FIOM e non, e dare l’impressione di avere la situazione in pugno nelle fabbriche italiane. A questo atteggiamento la reazione forse più grave proviene proprio da quei sindacati concertativi, CISL,UIL e UGL parte integrante di Fabbrica Italia, che appoggiano apertamente le politiche aziendali, palesemente anti-operaie, anche quando minacciano i più elementari diritti sindacali e quindi anche loro stessi. Ma il governo Monti sa fare anche di più: dapprima Fornero e Passera, a caldo, invitano Marchionne e la Fiat a soprassedere “in attesa della verifica di una possibilità di dialogo che non riguardi solo il fatto specifico, ma l'insieme delle relazioni sindacali",

Poi ecco la mossa del governo per dare scacco matto alla Fiom e porre fine alle “divergenze” e al “dissenso”all’interno della FIAT: l’ipotesi di un lodo Monti. Come ci spiega bene Francesco Piccioni nella sua interessante lettura di quello che sta succedendo fra FIAT e FIOM per prima cosa si pone un’autorità “super-partes” come il premier Mario Monti, di cui Marchionne ha detto di fidarsi ciecamente, per mettere ordine nel subbuglio generale; poi Monti presenta una proposta che non si può rifiutare, esattamente come quella di Marchionne due anni e mezzo fa, ovvero lo scambio tra l’adesione della Cgil agli accordi e la riammissione in fabbrica dei suoi rappresentanti. Il ricatto quindi è bello e servito, la Fiom può rientrare in fabbrica solo se accetta oggi quel che ha rifiutato due anni fa, perché per questo governo se non fosse ancora chiaro, non c’è più spazio per il dissenso, la protesta e ormai nemmeno per la concertazione. Lo schema è chiarissimo e l’intento del governo pure. Sta a noi capire al più presto che questo non è solo “un affare della Fiom”, la partita in gioco è puramente politica e per niente vertenziale. E che comunque si chiuda questa partita, il risultato ricadrà su tutti noi.

Rete Camere Popolari del Lavoro