Mercoledì 24 Settembre il centro di spedizione Amazon di Werne (un sobborgo di Bochum nella Renania settentrionale) ha proclamato uno sciopero dei facchini e dei lavoratori della logistica per tutta la giornata lavorativa unendosi, dunque, alla lotta che continuava da lunedì 22 in altri quattro centri logistici della multinazionale americana.

Questi ultimi quattro siti (Lipsia, Bad Hersfeld, Graben e Rheinberg) stanno dando filo da torcere alla Amazon da molto tempo. La mobilitazione, infatti, dura da Dicembre 2013 (quando si sono verificati i primi episodi di agitazione) ed ha già segnato una tappa fondamentale con uno sciopero nel mese di Giugno, che ha registrato una vasta partecipazione.

La Amazon sta portando avanti, in Germania così come in Italia e in Francia, una politica di forte compressione salariale che si avvale di forme contrattuali atipiche e quasi personalizzate. L’azienda vuole garantirsi, così, la completa gestione dei tempi e dei modi della produzione, senza concedere alcuno spazio di trattativa sindacale,  abbassando sempre di più la qualità delle condizioni lavorative, differenziando e dividendo ulteriormente i lavoratori; tutto questo grazie anche a una legislazione (quella tedesca) estremamente permissiva.

Il 22 Settembre centinaia di lavoratori dei centri di spedizione hanno fermato l'attività lavorativa e proclamato lo sciopero totale fino a Mercoledì sera per chiedere, come fanno da quasi un anno, miglioramenti salariali e – almeno – l'adeguamento del loro contratto alle condizioni del contratto collettivo dei commercianti al dettaglio.

La lotta per avere migliori condizioni salariali si è subito allargata sia dal punto di vista, diciamo, geografico, che dal punto di vista più strettamente vertenziale. Già il 2 e il 3 Luglio i sindacati dei servizi (tra cui il sindacato tedesco Ver.di. che sta partecipando attivamente alla mobilitazione) si sono incontrati in una conferenza internazionale che ha visto la presenza dei sindacati polacchi, cechi, inglesi e americani. Al di là dei risultati di questa conferenza, è un dato di fatto che la mobilitazione si sta allargando e che una delle risposte non può che essere la condivisione delle lotte operaie. Proprio la Amazon, infatti, è al centro di importanti episodi di opposizione alle condizioni sempre più deregolamentate e disumane, come testimoniano le lotte dei lavoratori della logistica in Italia a Piacenza e in Francia a Chalon-sur-Saone.

Da alcuni dati diffusi a Giugno si vede che, a causa della negazione delle condizioni previste dal contratto collettivo, nell'ultimo anno (rispetto al mese di Giugno) gli impiegati nel settore trasporti e logistica della Amazon perdono circa 660 euro; se si guarda agli ultimi tre anni, invece, la perdita monetaria ammonterebbe a circa 300 euro al mese. Oltre all’aspetto strettamente economico, la mancanza di un contratto unico permette all'azienda molti margini di manovra per cambiare continuamente le condizioni salariali e lavorative, a seconda delle esigenze produttive e dunque di profitto. L'azienda, insomma, cerca di mantenere la possibilità di bypassare le relazioni sindacali e di agire in un contesto del tutto deregolamentato “sostituendosi”, qualora ce ne fosse bisogno, al sindacato stesso. Di questo tentativo di sostituzione è un esempio la concessione, in questi ultimi giorni, di un aumento salariale tra il 2,1 e il 3% che riguarderebbe lo stabilimento di Graben.
Aumento del tutto inutile, se la politica aziendale rimane quella di ledere continuamente i diritti dei lavoratori. La lotta della logistica in Germania, dunque, va avanti e non accenna a fermarsi nonostante le goffe concessioni del padronato.

Per altre informazioni: verdi.de - 1 - 2, neues-deutschland.de - 1 - 2

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